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“Vogliamo evolvere, nel modo più naturale possibile” Francesco Senese, Violinista 

 

 

E’ trascorso quasi un anno dalla memorabile serata del 6 gennaio 2017 allorché l’ORCHESTRA MOZART, dopo oltre un triennio di forzato silenzio, ha fatto di nuovo sentire la sua voce [1] sotto la guida del M° Bernard Haitink, fantastico padre putativo.

L’eco di questo evento è stato a lungo nel cuore di chi vi ha partecipato e ha contribuito a farmi conoscere meglio i grandi Autori che ne sono stati protagonisti, Beethoven e Schumann.

Un mattoncino dopo l’altro, la mia, sia pure ancora agli albori, cultura musicale è andata approfondendosi, in un impegno gioioso: avvicinarsi alla musica classica, specie se ciò deve convivere con impegni professionali diversi, può comportare un notevole sforzo, ma quante e quali soddisfazioni è in grado di donare! Basti pensare all’indimenticabile apertura del Festival di Lucerna l’11 agosto scorso, con la Lucerne Festival Orchestra, mirabilmente diretta da Riccardo Chailly [2].

Lungo tutto il 2017 però nessuna notizia della Mozart. O meglio: concerti tenuti dai singoli componenti nell’ambito di altri programmi della Regia Accademia Filarmonica bolognese sì, ma pareva di nuovo scomparso dagli schermi radar lo stupendo gruppo, che si sperava avrebbe continuato la strada riacciuffata nel 2016, grazie alla campagna di crowfunding “Orchestra Mozart Risuona” -nata per iniziativa dei musicisti dell’Orchestra, con l’appoggio della stessa Regia Accademia-, campagna nella quale erano stati coinvolti oltre un migliaio di donatori, con eventi in diverse località italiane. Tra essi il BO – OM FESTIVAL, festival cameristico articolato in diverse iniziative, svoltesi nella nostra città, delle quali ho dato conto nei commenti precedenti.

Verso fine primavera, al termine di uno degli eventi sinfonici organizzati dall’Accademia (com’è noto l’Orchestra Mozart nasce come suo progetto), avevo avvicinato il Presidente per chiedergli notizie. Sorriso rassicurante: “Ci saranno importanti novità, in autunno”.

Attesa colma di fiducia: il Prof. Loris Azzaroni è persona seria ed affidabile.

E infatti. Il 18 novembre scorso, in occasione dell’ultimo appuntamento della rassegna Il Sabato dell’Accademia (bellissimo concerto tenuto dal Quartetto Adorno con brani di Webern, Beethoven, Debussy [3]), importante annuncio: Venerdì prossimo, 24 Novembre, alle ore 12:00, nella Sala Rossini al secondo piano di Palazzo Carrati, sede dell’Accademia, conferenza stampa aperta al pubblico.

Tema: il ritorno dell’Orchestra Mozart, che si esibirà non solo a Lugano a inizio aprile, ancora diretta dal M° Bernard Haitink, ma pure a Bologna! E c’è molto altro da raccontare.

Siete tutti invitati.

Ero a conoscenza da alcuni mesi dell’appuntamento svizzero presso il LAC (Lugano Arte e Cultura); anzi ne avevo tratto spunto, in un primo momento, per fosche previsioni: ecco la Mozart prende la via della Svizzera e non la vedremo più; le solite grettezze locali non si smentiscono.

Timori svaniti dalle parole di Azzaroni allorché, come detto, gli avevo posto, qualche tempo prima, la mia domanda: “Queste novità, cui Lei si riferisce, implicano che l’Orchestra resti a Bologna oppure…..” Risposta sorridente: “No, no, resta a Bologna!” Non avevo chiesto ulteriori particolari.

Udire ora, in conferenza stampa, l’annuncio del felice ritorno è per me una grande gioia.

Il messaggio d’invito giunto via mail racconta che interverranno, oltre al Presidente Azzaroni:

-la Prof.ssa Jadranka Bentini, Presidente del Conservatorio “G.B. Martini” di Bologna, nonché illustre storica dell’Arte -la conoscemmo nel 2016 in occasione di un viaggio organizzato a Lipsia e Weimar dall’ “Associazione Bologna Festival” allorché ci spiegò il profondo significato del trittico di Lucas Cranach nella Chiesa dei Santi Pietro e Paolo a Weimar-;

-la D.ssa Micaela Lipparini, Responsabile per le Attività Culturali della Regione Emilia Romagna;

– il M° Francesco Senese (sì, Francesco!), violinista raffinatissimo, Assistente del Konzertmeister e membro del Board dell’Orchestra Mozart; cioè uno dei musicisti portavoce dell’Orchestra; come sappiamo dall’incontro del 13 dicembre 2016;

nonché, con in contributo video: il Direttore artistico della Fondazione Lugano Musica, Etienne Raymond.

 

Alle ore 12:00 del 24 Novembre la Sala Rossini è gremita di persone.

Le sollecite segretarie portano altre seggiole: tutto il pubblico deve potersi accomodare, attesa la rilevanza dell’incontro.

L’atmosfera è di forte attesa.

Ecco Francesco sorridente, aria operativa, intento a parlare in un angolo con una delle ragazze dell’organizzazione; ci saluteremo più tardi.

Giungono gli altri relatori.

Si ricomincia!

Nella mia particolare -e forse unica- situazione di spettatrice innamoratasi della Mozart nel periodo buio del silenzio -cominciato, com’è arcinoto, ma lo ripeto, con la sospensione delle attività, il 10 gennaio 2014, seguita, dieci giorni dopo, dalla morte di Claudio Abbado- ascolto le novità che ci attendono come qualcosa che mi riguarda direttamente, cui, in qualche modo sono, a mia volta, responsabile.

Eccole:

- ORCHESTRA MOZART FESTIVAL

Dal 6 all’8 aprile 2018, presso il Teatro Manzoni, l’Orchestra Mozart torna a suonare a Bologna in due concerti sinfonici, diretti ancora dal Maestro olandese, con la partecipazione di una coppia di musicisti giovani, di eccezionale talento, com’è nello stile O.M.: il pianista britannico Paul Lewis (6 aprile) e la violinista norvegese Vilde Frang (8 aprile).

I due eventi saranno intervallati da un concerto da camera eseguito dai Solisti dell’Orchestra Mozart (7 aprile).

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O.M. ritornerà a Bologna dopo essere stata in residenza ospite del LAC di Lugano (Lugano Arte e Cultura) -seconda novità di rilievo quindi, confermata da Etienne Raymond nel suo breve intervento video; come quando, grazie a Claudio Abbado, essa aveva una residenza al Musikverein di Vienna-; ciò all’interno dell’importante manifestazione Lugano Musica, dove sarà protagonista di quattro concerti (di cui tre da eseguirsi poi nella nostra città), compreso l’evento di Pasqua dell’1 aprile.

I programmi dei due concerti sinfonici sono strettamente correlati per motivi musicali ed extramusicali. Questi ultimi sono legati ai due Autori protagonisti, molto cari all’Orchestra fin dagl’inizi del suo percorso.

Si tratta di Mozart e Schubert. O meglio: Mozart e Schubert, nel primo concerto; Schubert e Mozart, nel secondo. Un sorta di avanti e indietro, un percorso circolare che mostrerà la profonda influenza di Mozart su Schubert. Motivi musicali e umani tutti da approfondire e vivere.

Di questo parlerò a tempo debito. Solo un paio di veloci anticipi, insieme all’enunciazione del programma.

TEATRO MANZONI

VENERDÌ 6 APRILE 2018, ORE 20:30

Orchestra Mozart

Bernard Haitink Direttore

                                                   Paul Lewis Pianoforte

Wolfgang Amadeus Mozart, Concerto per Pianoforte e Orchestra n. 25 in Do maggiore, K 503

                   Franz Schubert, Sinfonia n. 9 in Do maggiore, D 944 “La Grande”

 

SABATO 7 APRILE 2018, ORE 18:00

I Solisti dell’Orchestra Mozart

                   György Ligeti, Sei Bagatelle per Quintetto di fiati

                   Franz Schubert, Ottetto per fiati e archi in Fa maggiore, D803

 

DOMENICA 8 APRILE 2018, ORE 20:30

Orchestra Mozart

Bernard Haitink Direttore

Vilde Frang Violino

Franz Schubert, Sinfonia n. 8 in Si minore, D759 “Incompiuta”

Wolfgang Amadeus Mozart, Concerto per violino e orchestra n. 5 in La maggiore, K219

Sinfonia n. 41 in Do maggiore, K551 “Jupiter”

 

Tranne il mozartiano Concerto per violino in la maggiore composta dal genio salisburghese a 19 anni (1775), le altre sono opere della maturità dei due artisti; anche se si tratta di una maturità molto relativa, concernente solo la produzione artistica, poiché entrambi muoiono, l’uno (Mozart) a 35 anni e l’altro (Schubert) a 31 anni.

E poi le tonalità: il luminoso do maggiore apre e chiude il primo programma dell’Orchestra al completo; mentre il secondo (l’8 aprile) si chiude, seguendo la circolarità, sempre in do maggiore: si tratta della meravigliosa Sinfonia n. 41, Jupiter, l’ultima di Mozart.

Dettaglio pratico: biglietti disponibili o presso il Teatro Manzoni (al pomeriggio, dalle 15:00 alle 18:30, da martedì a sabato) o su www.vivaticket.it.

Obiettivo di rilievo per l’Orchestra Mozart Festival è programmare ogni anno a Bologna concerti di eccellenza, in cui saranno presenti, accanto a O.M., i migliori direttori e solisti internazionali. Il tutto sotto la supervisione del M° Haitink, una garanzia [4].

Conseguenza naturale: l’occasione intende essere anche un momento d’incontro tra la Città e l’Orchestra, una Festa della Musica e in Musica.

Dispiace quindi che, ancora una volta, come accadde il 13 dicembre 2016, non intervenga oggi un esponente dell’Amministrazione comunale; c’è sempre tempo per emendarsi, però!

Intanto siamo felici per la presenza dell’ottima D.ssa Micaela Lipparini, che segue da vicino l’iter del progetto di legge regionale riguardante la Musica.

Al fine di compiere insieme agli appassionati il cammino verso questo appuntamento primaverile, per conoscere meglio la storia dell’Orchestra, approfondire il repertorio dei concerti e ampliare il numero degli amanti della Musica classica, l’Accademia Filarmonica ha progettato pure una rassegna di eventi dal titolo: Orchestra Mozart – Di nota in nota.

L’iniziativa si snoderà da Dicembre 2017 a Marzo 2018 attraverso concerti, incontri con esperti in Musica: nel centro città, in periferia e in provincia; aperitivi musicali con la presenza dei componenti dell’Orchestra Mozart, visite guidate alla prestigiosa sede dell’Accademia, in Via Guerrazzi n. 13.

Il programma gode del sostegno di alcune realtà economiche di rilievo, quali DATALOGIC, FAAC S.p.A., VALSOIA; Partner: NH BOLOGNA DE LA GARE; Media Partner: QN IL RESTO DEL CARLINO. E’ intuitivo, l’ho scritto tante volte: ogni progetto e programma, anche il più affascinante, necessita di sostegno economico continuo, altrimenti i…nodi verranno, prima o poi, al pettine.

La Mozart originaria, questo non mi stancherò mai di ripeterlo, ebbe come unico sostegno la Fondazione Carisbo, nella persona dell’allora Presidente, il Prof. Fabio Alberto Roversi Monaco (pure Presidente dell’Orchestra Mozart); il quale, mi ha confidato la scorsa estate una fonte attendibile, votava i contributi all’Orchestra nonostante avesse contrario tutto il Consiglio d’amministrazione. Gli ultimi concerti furono annullati, non solo per il gravissimo stato di salute di Claudio Abbado, ma pure per la situazione finanziaria.

A proposito di storia di OM e della progressiva, reciproca, conoscenza da parte della città, la Prof.ssa Jadranka Bentini osserva quanto sia importante, pure da questo punto di vista, la collaborazione tra istituzioni, quali la Regione (lo ha precisato pure la D.ssa Lipparini), nonché il Conservatorio -altra rilevante novità, il legame operativo col Conservatorio-: l’Orchestra ha infatti segnato per Bologna “un prima (della Mozart) e un dopo (la Mozart)” .

E’ in corso di studio anche l’instaurazione di un rapporto con l’Alma Mater (altra chicca).

A proposito di Università, ben ricordo il pomeriggio del 6 giugno 2016, in occasione della rassegna BO-OM, cui ho fatto cenno sopra, quando il Coro da Camera del “Collegium Musicum dell’Alma Mater” -insieme a Michele Vannelli, Maestro di Cappella in S. Petronio, all’organo- accompagnò alcuni solisti della Mozart in un bellissimo concerto barocco per trombe, basso continuo e coro [5] .

 

Il primo appuntamento di Orchestra Mozart – Di nota in nota è il concerto gratuito di Domenica 3 dicembre con i Solisti dell’Orchestra. Sede: la Sala Bossi del nostro Conservatorio G.B. Martini, ore 20:30.

Il secondo, a breve distanza, si svolgerà Sabato 16 dicembre alle ore 16:00 presso la sede dell’Accademia Filarmonica. Esso prevede una visita guidata ai locali dell’Accademia, ricchi di storia, anzitutto musicale ma non solo, nonché alle ore 18:00, in Sala Mozart, al pianterreno, una conversazione tra Giacomo Tesini, violinista di OM e di altre prestigiose orchestre, e Luca Ciammarughi, musicista e musicologo.

Un fervore di idee, di progetti, attività, come non mi sarei sognata, nemmeno nei momenti di maggiore ottimismo.

Seguirò questo appassionante percorso, tappa dopo tappa, e ne scriverò un Diario, a cominciare da ora. Così sto riflettendo tra me e me mentre prende la parola Francesco Senese [6].

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Francesco, come sappiamo, insieme a Giacomo Tesini, è, per così dire, il portavoce dell’Orchestra; senza, va da sé, togliere nulla agli altri, ognuno dei quali ha la sua storia da raccontare.

Emozionato, ma di un’emozione intensa che ti contagia, dichiara, a nome dei colleghi, quanto forte sia la responsabilità che li investe: “Vogliamo comprendere quale sia la nostra identità oggi. I programmi che eseguiremo sono una continuazione, un ripensamento del nostro percorso musicale, vissuto pienamente e ripetutamente con Claudio [Abbado]”. Per anni e anni, aggiungo, mio caro amico. La fretta è cattiva consigliera: anche il lungo, doloroso silenzio seguito a quel 10 gennaio 2014, come lo stesso Francesco ribadiva giusto un anno fa, ha avuto il suo pregnante significato.

“Vogliamo evolvere, nel modo più naturale possibile”, tentando, col nostro impegno, riporto il significato delle sue parole, di non rovinare la memoria di ciò che abbiamo avuto la fortuna di vivere con lui. Col Maestro, certo.

Sottolinea l’importanza che rivestono sia il collegamento col Conservatorio, come luogo di formazione e di crescita reciproca tra giovani interpreti e solisti maturi, che quello in fieri con l’Ateneo, in grado di ampliare il respiro internazionale del nostro gruppo.

E la Mozart, aggiunge divertito, sa sempre allargarsi e restringersi senza che la qualità del suo suono ne risenta.

Può esprimersi a ranghi completi, come il 6 gennaio scorso [7], o trasformarsi in un piccolo gruppo cameristico, come farà, per citare l’esempio più vicino, domenica prossima.

Insiste, a mo’ di conclusione, sulla gioia incredibile di essere di nuovo a Bologna: un tornare a casa, lo definisce. E assicura: “Nei tre giorni del festival di aprile siamo a disposizione per incontrare chiunque sia interessato, senza preclusioni”.

L’incontro è terminato.

Mi avvicino a Francesco, lo saluto e l’abbraccio.

Scambiamo due parole sul concerto di apertura del Festival di Lucerna ad agosto e aggiungo: “….per altre occasioni musicali, Lugano è ancora più vicina!”. “Benissimo”, ribatte lui sorridente. “Siamo quindi lungo la via dei..laghi: Lucerna, Lugano e….la mia Colico”. Puoi contarci, amico mio!

 

Al pomeriggio, mi reco alla biglietteria del Teatro Manzoni per acquistare l’abbonamento al Festival di aprile.

Breve attesa e la scelta del posto, ponderata dopo l’esperienza positiva con il concerto di Spira Mirabilis il 27 novembre scorso, in questo stesso luogo. La prima galleria ti consente, dall’alto, di godere ogni istante del “Far Musica Insieme”. Dovrai stare in piedi, se non sempre, almeno spesso? Pazienza; tanto la Musica mi induce pressoché sempre a stare in piedi. E non mi pesa per niente.

Mentre mi trovo in attesa, una matura signora nella fila accanto alla mia annuncia alla bigliettaia, che comprende subito: “Acquisto due biglietti ‘per Abbado’ ”.

Terminati i nostri rispettivi adempimenti, l’avvicino e le esprimo i miei complimenti per quella frase. Sorride: “Certo! Quello che conta è ‘lui’ ”. Proprio così.

 

 

Sala Bossi del Conservatorio G.B. Martini, Domenica 3 dicembre.

Entro in questo luogo dopo circa un quarantennio di assenza, allorché, studentessa universitaria, mi recavo con una certa frequenza ai Concerti che vi si svolgevano.

La magia del tempo si fa sentire, anche se tengo spesso a precisare che non soffro di nostalgie e malinconie di sorta, men che mai in ordine agli anni giovanili,  in nulla da rimpiangere, per quanto mi riguarda.

Di solito, poi, sono abituata a puntare “lo sguardo in avanti”.

La Sala, restaurata di recente, è un po’ più piccola rispetto a come la ricordavo; anche a motivo degl’interventi edilizi che l’hanno interessata.

Sulla parete di fondo, uno stupendo grande organo, che sarebbe piaciuto ad Anton Bruckner.

Ci siamo prenotati da alcuni giorni presso la segreteria dell’Accademia Filarmonica, Mauro ed io, e giungiamo sul posto assai per tempo; ma, al solito -come capita quando non hai la tua poltrona assegnata, a fronte del pagamento del biglietto-, dobbiamo fare i conti con l’immancabile tiritera dei posti riservati. Qui, addirittura, ci sono ben dieci-diconsi-dieci file inaccessibili ai comuni mortali. Esagerati, via!

Potrò sbagliarmi, ma scommetto che nei Paesi democratici e civili, quale il nostro non è, almeno sotto questo aspetto, ciò non accade con tale matematica frequenza. Saranno particolari di scarsa rilevanza, ma li ritengo sintomatici di un certo ethos: gli italici….raccomandati non mancano mai, nemmeno dove non li immagineresti. Una fila di riservatari è più che sufficiente, massimo due. Poi ci si siede secondo l’ordine di arrivo: chi prima arriva, meglio sta. Bon.

D’accordo, un’eccezione doverosa va fatta per le figure istituzionali o i personaggi consolari per così dire (a patto che non trascinino con sé familiari, parenti, amici e quant’altro ), ma la maggior parte di detti riservatari sono persone, per lo più signore direi, che non rappresentano altro che se stessi col loro urticante presenzialismo.

Inutile peraltro farsi il sangue amaro per simili “miserie”; certo che vedere i soliti mister nessuno i quali giungono ad una manciata di minuti dall’inizio, tranquilli e privi di affanno, e si piazzano nei primi posti per diritto divino, fa a pugni con l’alto profilo dell’evento e la natura essenzialmente democratica della Musica (oltre che col comune buonsenso).

Abbado docet, ma costoro lo ignorano, anche se magari si proclamano instancabili ammiratori di lui, esibendo lunghi sospiri e sguardi estasiati solo a sentirlo nominare. Ma non ne hanno imparato la prima lezione: l’umiltà.

Il valore di un evento non si misura certo dal numero delle poltrone destinate a tizio o caio, preoccupati solo di mettersi in mostra e sulla cui passione autentica per la Musica mi permetto di avanzare riserve. Ovvio poi che diverse tra tali, intoccabili, poltrone davanti restino vuote.

Ma non è facile alzarsi, risistemarsi…Tra l’altro, il concerto non prevede intervalli.

Mi “consolo” nel vedere, seduti dietro di noi, Padre Giovanni Bertuzzi o.p., non l’ultimo arrivato, bensì il Direttore del Centro S. Domenico (notevole cenacolo culturale ospitante, alcune volte all’anno, ottime iniziative musicali), Silvia Alberani (che ritrovo dopo le giornate di Novacella), insieme al figlio Valerio, e un amico, illustre professore di Diritto privato e collega universitario di Mauro, con la simpatica moglie Luisa.

Iniziamo.

Luce intensa sul palco. Buio pesto in sala: aiuto! Ma come si fa….

Però le “prime file” sono illuminate…Ooopsssss…Non vale!

Niente paura, ci vuol altro per spaventarci.

 

Entrano i valorosi.

Massimo Guidetti, Pianoforte

Giacomo Tesini, Nicola Bignami, Violini

Sara Marzadori, Viola

Luca Bacelli, Violoncello

 

Programma: Antonín Dvořák, [8] Quintetto per pianoforte e archi n. 2 in La maggiore op. 81

 

Presento brevemente i nostri musicisti .

Per le biografie di Giacomo e Massimo rimando alla prima giornata del nostro soggiorno a Novacella.

Gli altri.

Nicola Bignami (Bologna, 1978) – Si diploma in violino a pieni voti presso il Conservatorio G.B. Martini di Bologna e si perfeziona con Pavel Vernikov, Cristiano Rossi e Dora Schwarzberg, conseguendo il Diploma Specialistico di II livello di violino con il massimo dei voti presso il Conservatorio A. Boito di Parma. Nel 2000 è violino di spalla presso l’Orchestra Giovanile Italiana e dal 2004 entra a fare parte dell’Orchestra Filarmonica Arturo Toscanini, sotto la direzione del M° Lorin Maazel, partecipando a numerosissime tournée internazionali che lo portano a suonare negli Stati Uniti, in Sud America, in Europa e in Giappone. Dal 2004, a seguito di audizione, partecipa all’attività dell’Orchestra Mozart di Bologna. Ha realizzato premiati progetti discografici con Deutsche Grammophon insieme ad artisti quali Martha Argerich, Isabelle Faust e Maria Joao Pires.

E’ membro di Spira Mirabilis e ha costituito, in memoria del nonno Otello (v. infra), il “Quartetto d’archi Bignami”.

Aderisce con entusiasmo alla rinascita dell’Orchestra Mozart fin dalle prime battute, nel febbraio dell’anno scorso, ed è pure presenza costante nel gruppo cameristico di accompagnamento del Coro Papageno (curato dall’Associazione Mozart 14, fondata e presieduta da Alessandra Abbado) in occasione del concerto annuale che esso tiene a inizio estate per tutta la cittadinanza.

Un dato familiare non trascurabile: pure suo padre William è violinista, mentre il nonno, Otello Bignami (Bologna, 1914 / 1989), è stato uno dei più importanti liutai italiani del ‘900, rendendo la liuteria bolognese famosa nel mondo. La sua attività si compendia di oltre 350 strumenti; è stato Direttore della scuola di liuteria bolognese, sostenuta da CNA e dal suo ente di formazione Ecipar, dal 1979 al 1983 in via Santa Margherita, creando una generazione di liutai che tuttora porta avanti con successo la tradizione più che centenaria della liuteria bolognese.

Il nostro “Museo Internazionale e Biblioteca della Musica” ha ricostruito, nella sua sede di Strada Maggiore n. 34, il laboratorio di Bignami e, nel centenario della nascita (21 giugno 2014), gli è stato intitolato pure un giardino in via S. Rocco n. 5 [9].

Musica e Natura, binomio inscindibile, come sappiamo.

 

Sara Marzadori (Bologna 1991). Ha iniziato prima dei quattro anni lo studio del violino con Fiorenza Rosi, insegnante di metodo Suzuki, fino al 2002.

Nello stesso anno si è iscritta nella classe di viola del M° Antonello Farulli presso il Conservatorio di Bologna dove attualmente frequenta il IX° corso.

Premiata nel 2002 alla “VII° Rassegna Nazionale per Giovani Strumentisti ad Arco” organizzata dall’European String Teachers Association ESTA-Italia, ha vinto nel 2004 il secondo premio al XIII’ Concorso Nazionale “Dino Caravita” di Fusignano (RA) e ha ricevuto la borsa di studio “Mario Benvenuti” alla Rassegna d’Archi di Vittorio Veneto.

Nel 2005 ha vinto il primo premio di categoria al concorso Nuovi Orizzonti di Arezzo e nel 2006 è stata premiata con menzione alla Rassegna/Concorso per giovani strumentisti ad arco “Incontri sul Palcoscenico” organizzata da ESTA-Italia e ha vinto il primo premio al Concorso “Riviera Etrusca” di Piombino.

Sempre nello stesso anno è stata selezionata per esibirsi come solista nell’Auditorium della RAI di Torino accompagnata dall’Orchestra della RAI nell’ambito della XIV° Convention Internazionale Suzuki.

Nel 2007 è stata nuovamente premiata con una borsa di studio alla Rassegna d’Archi “Mario Benvenuti” di Vittorio Veneto nella categoria superiore.

Nel 2008 ha superato le audizioni, tenutesi presso la RAI di Roma, per l’ammissione alla prestigiosa “European Union Youth Orchestra”.

Ha inoltre vinto, in duo con la pianista Francesca Fierro, il primo premio di categoria nella sezione musica da camera al Concorso “Nuovi Orizzonti” di Arezzo.

Collabora da oltre un anno con l’Accademia dell’Orchestra Mozart esibendosi in numerosi concerti in orchestra, diretta dai Maestri Giuliano Carmignola, Enrico Bronzi e Alessandro Carbonare, e in formazioni cameristiche.

Ha frequentato masterclasses con i maestri Marco Fornaciari, Ratto Beyerle, Patrick Juedt e Danilo Rossi.

Anche Sara ha risposto alla chiamata per la rinascita dell’OM; è stata, tra l’altro, uno dei protagonisti dell’evento in sala Borsa del 13 dicembre 2016.

 

Luca Bacelli - Nato a Pesaro, ha iniziato lo studio del violoncello con il M° Sante Amadori, e si è diplomato con il massimo dei voti presso il Conservatorio Statale di Musica “G. Rossini” di Pesaro, sotto la guida del M° Walter Di Stefano. Si è perfezionato in seguito con i Maestri Marianne Chen, Andrea Nannoni, Enrico Bronzi e Giorgio Schultis. Ha conseguito poi anche il diploma accademico di secondo livello in Musica da Camera presso il Conservatorio “B. Maderna” di Cesena e il master in Musica da Camera (quartetto d’archi) presso la Hochschule für Musik, Theater und Medien di Hannover. Ha frequentato il corso di Musica da Camera con pianoforte presso l’Accademia Pianistica Internazionale “Incontri col Maestro” di Imola, tenuto dal M° Pier Narciso Masi, ottenendo il prestigioso diploma Master. E’ stato allievo effettivo anche dei corsi speciali tenuto dal Trio di Parma presso la Scuola di Musica di Fiesole, dei corsi di perfezionamento e quartetto d’archi tenuti dai Quartetti Artemis e Prometeo e del corso di musica da camera tenuto dall’ Altenberg Trio Wien presso l’Accademia di Musica di Pinerolo. Attualmente suona e collabora, anche in qualità di primo violoncello, con numerose formazioni orchestrali, sinfoniche e da camera. Ha suonato accanto a direttori e musicisti di fama internazionale, quali Claudio Abbado, Bernard Haitink, Loorin Maazel, Zubin Mehta, Georges Prêtre, Valerij Gergiev, Daniele Gatti, Martha Argerich, Natalia Gutman. E’ stato primo violoncello dell’ Orchestra Giovanile Italiana e membro dell’Orchestra Mozart di Bologna. Partecipa regolarmente ai progetti della Spira Mirabilis.

Conta esperienze di rilievo anche nel campo della Musica da Camera.

Si è esibito in numerosi concerti come solista, con orchestra ed in musica da camera, in Italia ed all’estero, ottenendo consensi di pubblico e critica.

Numerose le presenze nell’ambito di importanti Stagioni Concertistiche e le affermazioni in Concorsi Nazionali ed Internazionali di Musica da Camera. E’ violoncellista del Trio Degas dalla sua fondazione e collabora con l’AdM Ensemble, gruppo da camera degli Amici della Musica di Modena, che si dedica in modo particolare alla musica moderna e contemporanea. Dal 2012 è il violoncellista del Quartetto Mirus [10].

Destinatario di numerose borse di studio, ha partecipato a registrazioni per Deutsche Grammophon, Harmonia Mundi, Rai, Amadeus.

Pure Luca è entusiasta partecipe della rinascita di OM.

 

“Che bello essere in Conservatorio!”

Quando Giacomo (Tesini, of course..) brandisce il microfono ti fa sognare come quando imbraccia il violino.

L’esperienza diretta l’ho avuta a Novacella, in occasione del nostro corso sulle radici dell’Europa di cui dò conto nel mio Diario di viaggio; e, prima ancora, all’incontro in Sala Borsa del 13 dicembre 2016, quando egli ci spiegò Schumann.

Per l’esattezza: il Quintetto in mi bemolle maggiore per pianoforte e archi, op. 44, suonato in quell’occasione, e la Sinfonia n. 3 in mi bemolle maggiore per orchestra “Renana”, op. 97, la “Regina” del 6 gennaio, di lì a poco.

Ed è proprio dal ricordo di quell’incontro che parte la sua introduzione all’evento cameristico di stasera.

“Il Conservatorio ci ricorda subito Martini, Mattei [11], Rossini, Donizetti”….prosegue “E’ il luogo dell’Attesa di un evento, che va oltre…l’Avvento propriamente detto, periodo dell’anno in cui ci troviamo ora, per giungere fino al giorno di Pasqua quando, a Lugano, l’Orchestra Mozart si ritroverà e, pochi giorni dopo, giungerà a Bologna”.

Si sofferma sul variegato mondo della Musica da Camera e sui diversi generi che la caratterizzano. All’interno di essa, precisa, vi sono alcuni generi che sembrano coniugare la sfera pubblica -quella in cui si esprime il grande concerto, accessibile ad una vasta platea- con quella privata, il luogo precipuo della Musica da camera, destinato ad un pubblico ristretto.

Quali sono questi generi? Non certo il Quartetto, in cui i leggii per i musicisti erano, almeno in passato, uno di fronte all’altro, ed essi voltavano le spalle agli spettatori; né il Duo -o il Trio-, dove pubblico e concertisti coincidevano: erano un ritrovo di entusiasti dilettanti che suonavano insieme; c’era magari il pianoforte, per la verità meno…dilettante degli altri.

Il Quintetto per archi e pianoforte è tutt’altro.

Qui siamo davvero in bilico tra la grande raffinatezza del Quartetto e l’esteriorità del pianoforte; tra la grande sala da musica e il piccolo ambiente per il concerto da camera: che c’è di meglio, a questo proposito, della nostra Sala Bossi?

E quale genere è migliore di un Quintetto per archi e pianoforte per aspettare il ritorno di un Orchestra da Camera come la Mozart?

Il Quintetto, aggiunge, ha avuto una storia strana: è stato frequentato poco dai musicisti, ma sempre in forma molto felice, ispirata.

L’anno scorso, ricorda poi il nostro violinista, ci si trovò, in Sala Borsa, col Quintetto per pianoforte e archi di Schumann; stasera è di turno Dvořák.

In questa opera n. 81 “Dvořák è più Dvořák che mai”.

“Prende gli elementi musicali tipici della sua Boemia- il secondo movimento, Dumka, è un canto popolare meditativo; il terzo si chiama Furiant, dinamicissimo, galoppante-. Il compositore prende questi elementi popolari e, a modo suo, li trasforma per adattarli al pubblico raffinato, colto di una sala da concerto; siamo di fronte ad una sintesi, ad un equilibrio tra la Boemia, la sua anima popolare, i suoi canti, e il mondo austro tedesco, l’Europa continentale, la forma; in una parola: Brahms”.

Aggiungo, all’introduzione di Giacomo, alcune altre notizie, pure di carattere storico.

Anzitutto la composizione.

Si articola in 4 movimenti:

  1. Allegro, ma non tanto
  2. Dumka – Andante con moto
  3. Scherzo – Furiant: Molto vivace
  4. Allegro

Composto nell’arco di meno di due mesi, tra il 18 agosto e il 3 ottobre 1887, il Quintetto op. 81 è il più noto dei due Quintetti con pianoforte composti da Dvořák nella stessa tonalità di la maggiore; ma se il primo, op. 5, risalente a quindici anni prima, si iscrive ancora nell’ambiente classicheggiante mozartiano, il presente se ne allontana verso un’integrazione tra elementi romantici, legati soprattutto a Brahms (l’ha evidenziato sopra Tesini), e folcloristici.

Come prima di lui Smetana, anche Dvořák, a differenza dei russi, ritiene che lo spirito del canto popolare debba essere ricreato reinventando con la fantasia nuove melodie sul modello della musica popolare: non rifacimenti o ripensamenti, quindi, bensì stilizzazioni formali artisticamente originali. Cresciuto sotto l’influsso delle teorie di Herder [12], Goethe e dei fratelli Grimm [13] , così rilevanti per lo sviluppo del nazionalismo ceco, egli individua il suo ideale artistico in una tradizione che, operante nel solco del grande romanticismo tedesco, immetta nelle strutture e negli schemi di detta tradizione, la capacità comunicativa del canto popolare.

Il primo movimento del presente Quintetto si apre con un tema “sognante” esposto dal violoncello, cui seguono “tutti”, con contrapposizione archi / pianoforte, in una serie di spunti contrastanti a renderlo movimentato. Nella scelta dei motivi folcloristici l’A. predilige la Dumka, canto popolare slavo di origine ucraina dall’andamento lento, cui ha dedicato alcune composizioni.

Infatti il secondo movimento, “Andante con moto”, è proprio una Dumka, il cui tema principale è esposto dalla viola; poi, a seguire, tutti gli altri.

Anche il terzo movimento è attinto dal capace tesoro della Musica popolare: lo “Scherzo” e il “Molto vivace”, Furiant, appunto.

Pure nel finale “Allegro”, non meno coinvolgente degli altri, sono evidenti le origini popolari.

La conclusione del nostro violinista riassume tutto:

“Per capire meglio il Quintetto d’archi basta ascoltarlo, perché è musica che ti prende, ti acchiappa…..è musica meravigliosa! Sentirete: il pianoforte accenna un motivo e subito lo riprende…il violoncello entra da solo con la melodia più bella che si possa sentire. Buon ascolto!”

 

Non ho rinvenuto un’interpretazione (precedente) dei “nostri”: ne propongo un’altra, che, in ogni caso, riflette quanto esposto nell’introduzione.

 

 

 

Applausi, applausi, applausi!!!!

Entusiasmo contagioso.

Attendiamo pochi istanti per dar tempo ai ragazzi di cambiarsi e.. respirare….

Poi subito, ad abbracciare questo gruppo formidabile e congratularsi con ciascuno di loro!

Con noi, insieme a diverse altre persone, un appassionato di Musica, conosciuto durante il viaggio del 2016 a Lipsia e Weimar. E’ un signore simpatico, di un’età indefinibile, ma non lontana dalla nostra, ritengo; peraltro penso che non la rivelerebbe nemmeno sotto tortura.

Chi volesse identificarlo può rivedersi le immagini delle interviste al pubblico, nel servizio di Cinzia Fiorato al termine del mio ORCHESTRA MOZART RISUONA. 6 GENNAIO 2017: SI RIACCENDE LA GIOIA: è la prima persona che risponde con piacere alla domande della giornalista a proposito del tormentone : “….Ma la Mozart resterà a Bologna o no?”

E’ colto, soprattutto in ambito musicale, chiacchiera volentieri. Si può dire, con un’espressione colorita, che è in grado di fare amicizia anche coi…sassi.

Poiché abita, a sua volta, in centro storico (non saprei immaginarlo ubicato altrove), mi capita di incontrarlo spesso, specie in questi giorni. Da alcuni anni, infatti, sulla vicina scenografica Piazza Minghetti si svolge, dal 25 novembre al 21 dicembre, una simpatica iniziativa: è ricostruito un tradizionale villaggio di Natale francese, con casette in legno dove commercianti provenienti dalla Francia mettono in vendita le loro tipiche specialità culinarie: formaggi -uno più suggestivo dell’altro-, differenti tipologie di paté, marmellate, vini, sidro, Calvados, numerosi tipi di miele, baguettes, pan brioche, ecc.

Questo signore, molto socievole, ne approfitta per assaggiare le ultime novità o per riassaporare le solide tradizioni, casomai una conferma fosse opportuna.

 

I nostri musicisti sono stanchi, ma al settimo cielo: sentono che tutto il pubblico, numeroso, che li ha seguiti fin dall’inizio, non vede l’ora di incontrarli di nuovo.

Usciamo, Mauro ed io, insieme al nostro Amico il quale, tutto infervorato, racconta di un certo concerto meraviglioso e precisa come di “Marzadori” musiciste, sorelle bolognesi, non ce ne sia una soltanto, bensì tre; oltre a Sara, ascoltata stasera: Laura (1989), violinista, e la minore, Irene (1999), violoncellista. Nel 2007, con l’ingresso sul palco di quest’ultima, esse hanno costituito il “Trio Marzadori”, riscuotendo notevole successo.

Nel giardino interno del palazzo sopraggiungono Silvia Alberani e figlio: lei si rivolge al Nostro con cordialità, dandogli del tu. “Ma allora Ti conoscono..tutti!!!” osservo. Gongola.

Sulla soglia, a fianco della Chiesa di S. Giacomo Maggiore, ecco la raggiante Presidente Jadranka Bentini, in compagnia di Paola Calzolari, vedova del compianto e carissimo ex Rettore dell’Alma Mater, Pier Ugo. Ci salutiamo ed entrambe mostrano avere una certa consuetudine con chi è in nostra compagnia.

Compiamo con lui un breve tragitto: Arrivederci a sabato.

 

 

Regia Accademia Filarmonica di Bologna, Sabato 16 dicembre.

Secondo appuntamento di Di nota in nota.

Appuntamento in Sala Mozart per una visita guidata che parte alle ore 16:00.

Oggi siamo in molti; per praticità veniamo divisi in due gruppi: il Gruppo Rosso e il gruppo Blu; io faccio parte di quest’ultimo.

Il M° Luigi Girati, un affabile signore dall’accento petroniano, già cornista nell’Orchestra del Teatro Comunale, ci porta a spasso per i locali dell’Accademia, ricchi di Storia.

L’Accademia Filarmonica di Bologna venne fondata nel 1666 dal nobile Vincenzo Maria Carrati, con sede nel palazzo di famiglia, nell’attuale via Guerrazzi n. 13.

Lo scopo era di radunare musicisti professionisti “acciò havere filo et unione da non disunirsi e rendere buon suono”. “Unitate melos” è il motto coniato fin dalla fondazione, che oggi gli Accademici amano interpretare come “musica nella condivisione”, cioè fare Musica Insieme.

Nel corso della sua storia plurisecolare, l’Accademia ha rappresentato un punto di riferimento costante nella vita culturale bolognese fino a divenire, nella seconda metà del Settecento, una delle istituzioni più alte della cultura musicale europea, attraverso la guida di Padre Giovanni Battista Martini. Anche grazie all’apporto di lui, la fama dell’Accademia si allargò ben oltre i confini cittadini e nazionali e crebbe notevolmente il numero di aspiranti al grado di “Maestro compositore”, titolo che l’istituzione bolognese poteva rilasciare al pari della romana Accademia di Santa Cecilia (ciò grazie a una disposizione -cosiddetta “breve”- datata 22 febbraio 1749, di Papa Benedetto XIV, già Arcivescovo di Bologna, il celebre Card. Lambertini, immortalato al cinema dall’attore Gino Cervi, nato, tra l’altro, poco lontano da qui, in Via Cartoleria, nel 1901). Anche il giovane Mozart cercò l’ambita patente accademica: accompagnato dal padre Leopold, ben consapevole del valore rappresentato dal figliolo, giunse a Bologna nel 1770, ospite del conte Gian Luca Pallavicini (ospite nella villa di famiglia in località Croce del Biacco, ricercatissimo da tutta la nobiltà locale, ansiosa di conoscere quel…fenomeno), per addestrarsi sotto la guida di Padre Giovanni Battista Martini nella composizione contrappuntistica.

Mozart ottenne il diploma di “Maestro compositore” il 9 ottobre 1770; il che gli avrebbe consentito di diventare “Maestro di Cappella”, a Salisburgo, tanto per cominciare. La composizione autografa del giovane Amadeus, conservata nell’archivio storico dell’Accademia (ne vediamo una copia leggendo con una certa emozione la firma “Volfgango”) è la seconda versione del compito (la prima, se ho ben capito, si trova presso il nostro Museo della Musica, tra le carte ivi conservate di Padre Martini), consistente nel ricavare una composizione a quattro voci da un brano di canto gregoriano, rispettando numerose regole dello stile polifonico di Giovanni Pierluigi da Palestrina.

La prima versione, considerata non confacente alle regole -secondo l’acuto giudizio di Padre Martini essa era troppo moderna ed evoluta secondo i canoni allora in voga!-, fu ampiamente riveduta dallo stesso Martini, ed è tale versione (riveduta) che poi Mozart ricopiò e consegnò. A Mozart l’Accademia, nel 1884, intitolò l’attuale Sala dei concerti.

Dopo l’Unità d’Italia, l’Accademia ottenne l’approvazione degli attuali statuti come Regia Accademia Filarmonica (6 novembre 1880). Durante l’Ottocento l’istituzione accentuò i suoi caratteri di sodalizio onorifico aggregando artisti di chiara fama del mondo musicale internazionale: Rossini, Verdi, Wagner, Liszt, Boito, Puccini, Brahms …Tale pratica continuò anche nel Novecento, fino ai giorni nostri, con aggregazioni onorarie conferite a musicisti quali Claudio Abbado, Sergiu Celibidache, Carlo Maria Giulini, Riccardo Muti, Mstislav Rostropovič, Mariella Devia, Mirella Freni, Nicolai Ghiaurov, Ruggero Raimondi, Joan Sutherland, Luciano Berio, Azio Corghi, Adriano Guarnieri, Giacomo Manzoni, Sir Peter Maxwell Davies, Karlheinz Stockhausen, a musicologi come Nino Pirrotta, nonché a benemeriti nel campo dell’organizzazione artistica come Carlo Maria Badini, Jack Lang, Fabio Roversi Monaco e Marco Cammelli.

Notizia colta al volo, che vale la pena riferire: a breve verrà inaugurata, presso l’Accademia, una sala dedicata a Carlo Maria Badini (Bologna, 1925 /2007), figura molto importante della cultura italiana, anzitutto musicale. Un flash su di lui: ricordo, una sera d’estate di diversi anni fa, il suo sguardo pieno di emozione allorché mormorava: “E’ bellissimo ascoltare musica dal vivo….”

Fu lo stesso Badini, com’è noto,  a  fondare l’Orchestra Mozart, con il sostegno di Fabio A. Roversi Monaco: subito chiamò a dirigerla Claudio Abbado, ben consapevole quanto questa scelta ne avrebbe fatto splendere il valore.

Negli ultimi anni l’Accademia ha attivato un’ampia serie di iniziative culturali di vasta portata, prima fra tutte l’Orchestra Mozart.

Alla tradizionale offerta concertistica, che propone due cicli cameristici in Sala Mozart, si sono coniugate attività di alta formazione professionale destinate a giovani musicisti, fra cui l’Accademia dell’Orchestra Mozart (iniziativa di Claudio Abbado) per giovani strumentisti d’orchestra, la Scuola di Perfezionamento in Composizione e quella in Metodologia della Ricerca per l’Educazione Musicale. Proprio nell’ambito dell’educazione, l’Accademia Filarmonica ha avviato da qualche tempo progetti mirati alla divulgazione della cultura musicale, in particolare nelle scuole, che vedono annualmente il coinvolgimento di più di millecinquecento ragazzi. Essa rivolge poi molta attenzione all’ambito della ricerca, con diversi convegni e giornate di studio organizzati ogni anno, nonché alla valorizzazione e recupero del proprio inestimabile patrimonio archivistico e librario, custodito nell’Archivio storico e nella Biblioteca dell’Accademia, che comprendono anche un’ampia sezione espositiva, con strumenti antichi e cimeli appartenuti a grandi musicisti del passato. Oltre al compito di Mozart, nell’Archivio storico sono conservati numerosi autografi musicali importanti, fra cui quello della “Cenerentola” di Rossini, e pagine preziose di autori quali Liszt, Beethoven, Salieri, Bellini, Wagner, Verdi, Puccini.

Di primaria importanza, infine, il rapporto dell’Accademia Filarmonica con la musica del proprio tempo: sul filo ininterrotto della tradizione, come sempre avvenuto fin dalla sua fondazione, ancora oggi l’Accademia commissiona nuove opere a grandi compositori della scena internazionale.

La Sala Mozart, subito dopo l’androne d’ingresso, è il primo ambiente che s’incontra. E’ luogo dedicato ai concerti, ma pure al ricordo di illustri musicisti che vi si esibirono o che vi sostennero l’esame per ottenere il titolo di “Accademico Filarmonico”, come il ragazzo Mozart: una grande targa, sulla parete di destra, lo ricorda. Il soffitto affrescato porta, da una parte, lo stemma dei Carrati -un carro per l’appunto- e, dall’altra, il motto dell’Accademia “Unitate melos”.

L’ambiente, ampliato nel XIX secolo, era un tempo dedicato a esercitazioni musicali, dispute teoriche e riunioni dell’Accademia. Oggi, oltre a concerti, è consacrato a seminari, conferenze, assemblee del corpo accademico, iniziative ufficiali.

Un lungo scalone -un po’ buio, per la verità, ma affascinante- porta al primo piano, dove hanno sede Archivio e Biblioteca.

L’Archivio e la Biblioteca conservano il patrimonio documentario e bibliografico di quella che fu (e penso sia a tutt’oggi) una delle più importanti Accademie musicali europee del periodo barocco.

Tale patrimonio di valore inestimabile si è formato ed arricchito nel corso degli oltre trecento anni di storia dell’istituzione. In particolare l’Archivio conserva gli atti ufficiali e vari fondi documentari (aggregazioni, verbali, carteggi e documenti, esperimenti d’esame, cronologie, cataloghi ed inventari, programmi musicali, concorsi ecc.).

La Biblioteca custodisce libri, manoscritti e stampe musicali utilizzati o raccolti dall’Accademia per la propria attività: un fondo antico (secoli XVII-XIX, con musica sacra, drammatica, pianistica, vocale, cameristica, libretti d’opera), un fondo Autografi (tra cui quello di Puccini), nonché vari altri fondi, fra cui uno polacco di musicologia e uno di dissertazioni di laurea.

Sia nell’Archivio che nella Biblioteca il patrimonio si è via via arricchito, soprattutto grazie a lasciti e donazioni da parte di accademici e benefattori.

Oltre a l’inventariazione del patrimonio (che ha comportato ben cinque anni di lavoro: 1985-1990) e la pubblicazione di studi e cataloghi parziali, l’Accademia ha avviato da alcuni anni la catalogazione on line sul Sistema Bibliotecario Nazionale in accordo con le Soprintendenze ai Beni Librari e ai Beni Archivistici della Regione Emilia-Romagna; con il sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna e della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna.

Infine, aspetto davvero interessante, in collaborazione con l’Università di Bologna (sede di Ravenna) è in atto la digitalizzazione del fondo dei libretti per musica (secoli XVII-XIX), in collaborazione con l’Alma Mater, Sede di Ravenna.

Al secondo piano del Palazzo, nei locali dalle volte affrescate, visitiamo le varie sale che custodiscono le Collezioni Musicali dell’Accademia; ambienti sempre più ristretti ed intimi, fino alla piccola sala ovale, dalle decorazioni pompeiane, in cui -con una certa emozione- possiamo quasi toccare dipinti, fotografie, oggetti personali, ma, in primo luogo, documenti musicali degli illustri personaggi che hanno legato il loro nome a quello dell’Accademia. Citiamo, fra i tanti documenti e cimeli, alcuni manoscritti di Mozart e di Liszt, la berretta da camera di Donizetti (!), la bacchetta usata da Rossini per dirigere.

Vi è pure -poteva forse mancare?- una ricca collezione di strumenti musicali, risalenti ai primi tempi di attività dell’Accademia, come un gruppo di flauti cinquecenteschi, unico per le sue caratteristiche; oltre ad una buona quantità di strumenti pervenuti successivamente, dal sec. XVIII ad oggi, come il pianoforte Erard appartenuto a Stefano Golinelli, il fortepiano detto “di Rossini”, il pianoforte sul quale suonava Ottorino Respighi e vari strumenti ad arco.

Ecco, per fare un esempio, una viola da gamba [14]

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La Collezione, per l’eccellenza dei reperti, spesso legati a celebri musicisti, esprime un importante capitolo della storia musicale bolognese.

Il cammino è arricchito, tra l’altro, da un’esposizione di flauti diritti (già della famiglia Carrati, poi donati all’Accademia) e da un liuto del 1500 “Wendelio Venere”.

Il percorso è completato dalla sala didattica “La Bottega del liutaio”, donata all’istituzione dal liutaio Ivano Coratti [15] . Sono infatti esposti, oltre agli strumenti ad arco costruiti da Coratti, i suoi attrezzi del mestiere, il tavolo da lavoro e strumenti ad arco grezzi o in via di costruzione.

Grande suggestione si prova nel vedere questo lavoro in progress.

A proposito di strumenti, un discorso a parte merita il famoso Organo Traeri, del 1673, recentemente restaurato.

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E’ la tipologia stessa dello strumento a renderlo unico: è infatti raro trovare un organo “da camera” di queste dimensioni, pensato non per un ambiente ecclesiastico, ma per un’accademia musicale ospitata in un palazzo nobiliare, e non quindi destinato all’accompagnamento della liturgia ma, come indicato espressamente nei documenti dell’epoca, all’attività istituzionale dell’Accademia: esami, esercitazioni, discussioni teoriche e prove delle composizioni destinate alla Festa di S. Antonio, patrono dell’Accademia.

Leggo sul sito web dell’Accademia

“Costruito da Carlo Traeri, capostipite di una importante famiglia di organari, è uno strumento unico per le sue caratteristiche costruttive e per il suo valore storico. Il restauro, di grande rilevanza scientifica, è stato interamente finanziato dalla Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna.

Il pregio dell’organo Traeri come strumento in sé, le sue caratteristiche, rimaste sostanzialmente immutate nel corso dei secoli, la sua intima connessione con le attività dell’Accademia Filarmonica, costituiscono un unicum a livello bolognese, nazionale ed internazionale, e hanno suggerito la necessità di un accurato studio del contesto storico e del restauro integrale, per un pieno recupero alla vita musicale del manufatto.

Il progetto, condotto sotto l’attenta e competente direzione del M° Luigi Ferdinando Tagliavini, Ispettore Onorario per la tutela ed il restauro degli organi antichi presso la Soprintendenza ai Beni Artistici e Demoantropologici della Regione Emilia Romagna [purtroppo mancato la scorsa estate], è stato affidato alla ditta organaria di Marco Fratti di Campogalliano (MO); esso si è sviluppato nel corso di alcuni anni, rappresentando una rara occasione di studio interdisciplinare, grazie alle competenze specifiche nel campo dei metalli negli organi della dott.sa Carla Martini (Dipartimento SMETEC dell’Università degli Studi di Bologna) e, per la cassa e gli aspetti decorativi, di Licia Tasini (Laboratorio di “Restauro e Conservazione Opere d’Arte” di Pieve di Cento). Le tecniche e i materiali utilizzati, che consentono la massima reversibilità e leggibilità degli interventi, hanno restituito l’opera nelle migliori condizioni di efficienza ed integrità possibili. I risultati, oltre al recupero funzionale dello strumento, apportano conoscenze inedite su uno degli organari più attivi e importanti in terra emiliana fra ‘600 e ‘700”.

L’Accademia Filarmonica ha condotto l’operazione attraverso l’apposito Comitato Accademico per il restauro dell’Organo Traeri, presieduto dallo stesso Luigi Ferdinando Tagliavini, con la partecipazione dei Consiglieri Loris Azzaroni, Luigi Rovighi (Presidente e Vice Presidente dell’Accademia Filarmonica) e con il coordinamento di Romano Vettori (Archivista dell’Accademia).

 

È assai probabile che lo stesso giovane Mozart, nel periodo del suo addestramento con Padre Martini nell’autunno del 1770, lo abbia suonato.

Lo strumento, inoltre, è rimasto praticamente inalterato nei secoli, subendo pochi interventi che non ne hanno intaccato le caratteristiche principali. Questo aspetto, nel corso degli studi preparatori al restauro, ha portato a scoperte di notevole interesse storico e organologico.

Si tratta di uno strumento di dimensioni abbastanza notevoli rispetto allo spazio per cui era destinato: originariamente era infatti collocato in uno dei tre ambienti, al pian terreno di Palazzo Carrati, che sono poi stati uniti nella seconda metà dell’Ottocento per creare l’odierna Sala Mozart.

L’organo restaurato è stato ora collocato nella Sala Rossini, al secondo piano, che, con i suoi alti soffitti splendidamente affrescati, è la più grande stanza di rappresentanza di Palazzo Carrati, quella che oggi meglio si presta alla conservazione di questo delicato manufatto.

Al termine del restauro, un suono dalle caratteristiche inattese, e in particolare il perfetto dimensionamento del volume di suono rispetto all’ambiente, ha stupito gli stessi addetti ai lavori.

Infatti, anche con la massima emissione e con l’utilizzo del “ripieno” (cioè attivando tutti i registri contemporaneamente), il suono risulta gradevole all’orecchio e mai eccessivo o compresso.

Così ci spiega il Dr. Romano Vettori, responsabile dell’Archivio e della Biblioteca. Molto cordiale e simpatico, ci fornisce una dimostrazione delle sue parole: si siede davanti all’organo e ci fa ascoltare il brano costituente il secondo compito di Mozart. Commozione intensa a pensare a questo fantastico quattordicenne che ritornò in patria assai arricchito nella sua formazione musicale dopo l’esperienza di Bologna.

Ritorniamo in Sala Mozart per il nostro incontro delle 18:00.

A proposito di Mozart, ecco un suo ritratto, tra quelli di illustri personaggi che vediamo nelle sale dell’Accademia.

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Si sono aggiunte diverse altre persone, tra cui il nostro amico appassionato di Musica -si chiama Luciano, per la cronaca- e due signori, fratelli tra loro, di cui non faccio il nome, a me molto cari perché, oltre ad avere una solida passione musicale, sono stati molto vicini a Claudio Abbado, specie negli ultimi anni.

 

Una chiacchierata tra amici, Giacomo e Luca.

Qualche notizia sul secondo, pur assai conosciuto tra gli appassionati del settore.

Luca Ciammarughi (1981, milanese). Figura inusuale, per sua stessa definizione, del panorama pianistico attuale, affianca all’attività concertistica la conduzione quotidiana di trasmissioni su “Radio Classica” e quella di critico musicale per la storica rivista “Musica”. Le sue pubblicazioni comprendono, oltre a una serie di cd dedicati a Schubert, saggi (Schumann, Debussy, Poulenc), articoli, interviste, voci enciclopediche, programmi di sala per alcune delle principali istituzioni italiane. Per tre anni è stato presentatore e autore di testi per il canale televisivo Classica di Sky. Dal 2014 è inoltre conduttore della trasmissione “Dischi volanti” su ClassicaViva web radio. Il suo modo totalizzante di vivere il fatto musicale lo ha portato a divenire uno dei punti di riferimento della divulgazione musicale in Italia.

Ha composto le musiche per i cortometraggi Elsa’s kitchen e Anna e Marcel, di Yvo Bisignano, finalisti al premio Asvoff e proiettati al Centre Pompidou di Parigi.

Spesso impegnato in lezioni-concerto, ha tenuto recentemente un incontro sul Ring di Wagner per gli studenti di Estetica dell’Università degli Studi di Milano. Appassionato di teatro, ha suonato e recitato in numerose pièces, fra le quali L’ultima Sonata, di cui è co-autore con Ines Angelino, impersonando la figura di Franz Schubert.

 

Un musicista, musicologo (Giacomo) e un musicologo, musicista (Luca): così li presenta il Prof. Azzaroni; due figure speculari, vicine per temperamento, direi.

Ogni conversazione sul nostro tema non può prescindere, inizia Luca, dalla storia dell’Orchestra Mozart e dalla sua specificità.

Specificità, cerco di interpretare in modo corretto le sue parole, che ha profonde ragioni, tali da costituire un unicum nel panorama della Musica classica, che la differenzia da altre, pur ottime, compagini.

Anzitutto essa ha rappresentato un momento epocale nel mondo della direzione d’orchestra.

Mia breve osservazione: quando ha iniziato il cammino bolognese, Claudio Abbado aveva alle spalle decenni di intensa attività e la sua concezione non solo di dirigere, ma pure di concepire la Musica, era ampiamente nota.

Allorché, ad esempio, giunse a Berlino nell’ottobre 1989, anche se i Berliner già lo conoscevano quale direttore ospite (la loro scelta, nell’eleggere il primo direttore non austro-tedesco, fu ampiamente motivata), suscitò tuttavia meraviglia questa figura, dai modi spicci ed informali, che si faceva chiamare per nome (“Sono ‘Claudio’ per tutti: niente titoli per favore”), arrivava alle prove in abbigliamento sportivo e chiedeva ai musicisti impegno assoluto.

Altro esempio, che precede di un anno la costituzione dell’Orchestra Mozart: la Lucerne Festival Orchestra, da lui fondata nel 2003 [16] .

Ma forse è stato proprio con la sua ultima creatura, la Mozart -“Beniamino”, insomma-, che questo modo di essere, di vivere, di far musica si è espresso in modo più libero e intenso. Intimo, direi.

E forse, ma questo non lo sapremo mai, una parte del suo animo aveva la coscienza della propria precarietà, pur talora rimossa, fattasi ancora più evidente col passare del tempo e le ingravescenti condizioni di salute.

Quindi: era necessario concentrarsi sui giovani (il “nocciolo” dell’Orchestra), ricettivi ed entusiasti, affinché essi potessero un giorno, scomparso lui, portare avanti la sua eredità.

Nella comunione costituitasi via via tra giovani usciti dai Conservatori (scelti con la collaborazione della Collega francese Claire Gibault, amica di lunga data,  della quale poteva fidarsi perché, tra l’altro, “è persona che sa ascoltare” ) e solisti di chiara fama ed esperienza, i quali non disdegnavano di confrontarsi con chi era all’inizio del percorso artistico. Il punto di riferimento per tutti era quel Direttore, assai diverso da certi autocrati del passato, pur magari geniali.

Egli, nel suo ruolo di Primus inter pares, riusciva ad estrarre da ciascuno, in cambio dell’impegno incessante, quanto di meglio costui (o costei) avesse in sé; doti e capacità delle quali nemmeno l’interessato talvolta era del tutto consapevole.

A proposito di questa…Polis musicale, interviene Giacomo, con la propria esperienza diretta.

“Voleva che noi tutti imparassimo a memoria, non solo le nostre parti, ma pure, per quanto possibile, quelle degli altri. Del resto lui stesso, in concerto, dirigeva a memoria [senza spartito cioè; ma durante le prove, almeno le prime, esso c’era, eccome]; era infatti solito affermare che se non conosci un brano a memoria, significa che non ne sei padrone abbastanza”.

Rigore nello studio che gli derivava dal padre Michelangelo, violinista, com’è noto, e vicedirettore del Conservatorio milanese Giuseppe Verdi.

Come sappiamo, Giacomo, fin da quando si diplomò al Conservatorio di A. Boito di Parma (2002) sognava di far parte di un’orchestra diretta da Claudio Abbado. Questo sogno si realizzò quando OM fu fondata.

Ricorda come se fosse oggi, “la” prima prova nell’ottobre 2004, in preparazione del primo concerto, del 4 novembre all’Auditorium Manzoni. “Quel primo ‘fa’ [Ouverture di Egmont!] è il suono più forte, intenso che abbia mai sentito” E, aggiunge “..subito suonammo all’unisono…c’era una totale “trasparenza….Potevi sentire, senza alcuno sforzo, il suono dell’arpa…

Si era creata una complicità unica con lui e tutti noi; questo per un decennio”.

Domanda Luca se questa complicità si estendesse anche al di fuori. “No” risponde subito Giacomo.

La Magia riguardava esclusivamente il campo della Musica; il Direttore, pur nell’estrema affabilità, era uomo riservatissimo, non di sicuro il classico…compagnone!

Questo è certo: la comunanza profonda, l’impegno totale, senza riserve, è l’imprinting che “ci ha dato e che nel tempo non si è affatto scalfito”.

A noi era richiesta la perfezione, prosegue, e si lavorava finché non la si era raggiunta ”Se non ti ponevi la perfezione come obiettivo, potevi tranquillamente fare i bagagli, quello non era l’ambiente per te!” Una perfezione non fredda, burocratica, ma un impegno quotidiano raggiunto con lo studio incessante e la capacità di sapersi mettere in discussione, com’egli, per primo, faceva.

Ricorda con emozione le tappe principali di un cammino entusiasmante.

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Gli Autori: un repertorio che spaziava da Mozart a Bach, da Pergolesi a Mahler, a Schumann -rievoca ancora la sera del 2 dicembre 2013, allorché il Maestro dovette rinunciare a dirigere il concerto che prevedeva la Terza di Schumann e il Concerto per pianoforte e orchestra n. 5 di Beethoven (Maurizio Pollini alla tastiera): Claudio non aveva più nemmeno la forza di alzarsi…-.

Le occasioni e le collaborazioni: in Italia -Roma: con l’Accademia di S. Cecilia; Napoli: Teatro S. Carlo; Venezia, la Fenice; Palermo, Teatro Massimo; il commovente ritorno alla Scala il 30 ottobre 2012, dopo ben 26 anni di assenza; Ravenna al Ravenna Festival; Ferrara al Teatro Comunale , poi intitolato al Maestro; all’estero -da Parigi, a Vienna, a Lucerna, a Madrid, a Salzburg, a Bruxelles..-. Contagiando il pubblico con l’impegno, l’entusiasmo, la perfetta professionalità in grado di entrarti nel cuore e nell’anima.

I musicisti: i grandi solisti, i cui nominativi non sto a riportare; ma pure i colleghi che, grazie a quell’esperienza sono maturati fino ad acquistare autonoma, chiara fama: Alessio Allegrini, Jacques Zoon, Lucas Macias Navarro, Raphael Christ, Isabelle Faust, Danusha Waskiewicz, Gabriele Geminiani….Il tutto in un flusso continuo di impegno costante e di profondo equilibrio.

“Com’era il clima di lavoro?” Domanda spontanea per chiunque non abbia assistito alle prove aperte al pubblico.

“Un clima mai pesante…Non c’era routine, questo è certo, anche se poteva esserci tensione.

Poteva bastar poco, anche un rumore esterno, a rompere l’equilibrio. Con estrema pazienza era necessario ricominciare da capo”.

Altro aspetto interessante: lo studio con gli strumenti antichi.

Giacomo ha studiato e si è specializzato in violino barocco, come uno dei suoi maestri, il grande Giuliano Carmignola (primo violino nella Mozart originaria). Racconta quindi che i membri più giovani dell’Orchestra per qualche tempo si dedicarono a questa attività, suonando brani in parte con strumenti moderni, in parte strumenti originali: una sfida difficilissima.

“Era diventata per noi una sorta di…..professione!” confessa Giacomo con un sorriso.

“Era un puro interesse da parte del Maestro oppure pensava al…Vostro futuro?”

L’interlocutore allarga le braccia  “ Un mito per Abbado era Harnoncourt [17] ed è la sua strada che avrebbe voluto seguire”.

Figura di notevole importanza per Claudio Abbado è pure l’illustre saggista e studioso di Beethoven Jonathan Del Mar (Londra, 7 gennaio 1951). Figlio del Direttore d’Orchestra britannico Norman Del Mar, fin dagli anni ’80 del Novecento, Jonathan Del Mar si è dedicato allo studio dei problemi filologici nelle Sinfonie dell’Autore tedesco: col padre è autore del saggio Conducting Beethoven (1992); nella seconda metà degli anni ’90 è uscito un testo completo di cui hanno tenuto conto nelle loro direzioni sia lo stesso Abbado, sia Sir Simon Rattle, attuale direttore (sia pure ancora per poco) dei Berliner Philarmoniker.

“Un modo nuovo di interpretare Beethoven del quale noi abbiamo fatto esperienza proprio all’inizio della nostra avventura” così Giacomo.

Inutile dire quanto accurate fossero le incisioni discografiche, essenzialmente con Deutsche Grammophon, effettuate sia dal vivo che in studio, con tecnici di fiducia: un lascito immenso. Una pioggia di riconoscimenti assai prestigiosi da tutto il mondo.

Riporto le parole di Claudio Abbado allorché OM fu insignita di un autorevole premio dell’industria discografica giapponese: egli ribadiva come “rendere la Musica insieme significa ascoltare ed essere generosi, dare il meglio di sé e lasciare agli altri lo spazio per esprimersi. In questo progetto il conduttore, i solisti, l’orchestra non sono solo colleghi, ma essere umani legati da vincoli di amicizia, uniti e solidali fra di loro che condividono una sensibilità comune.”

Un impegno diuturno che non dava mai nulla per scontato.

“Alla fine, anche nel magma di una complessa sinfonia, riuscivi a vedere in filigrana l’essenza della Musica”.

E, a proposito del rapporto d’affetto con OM, c’è un dettaglio significativo, confidato da Tesini. Dopo che ebbe lasciato, nel 2002, la direzione dei Berliner Philarmoniker, a partire dal 2004, ogni anno, nel mese di maggio, si recava, com’è noto, nella capitale tedesca per dirigervi una serie di applauditissimi concerti (fino all’ultima volta, maggio 2013). I responsabili dell’Orchestra, ad un certo punto, gli chiesero se gli fosse possibile prolungare l’impegno con un numero maggiore di eventi. Ma egli rifiutò con questa motivazione: “Debbo occuparmi della mia orchestra di Bologna”.

“Come continuare?” Chiede e si chiede Luca.

“Si continua guardando avanti. Uno studio incessante, com’era con lui”.

Riporto le parole pronunciate dallo stesso Giacomo in occasione di un’intervista rilasciata al quotidiano La Repubblica, pubblicata il 25 novembre scorso. Alla domanda del giornalista (Luca Baccolini): “In che modo si può far tornare la Mozart una  compagine stabile, con un calendario esteso tutto l’anno?”  risponde: “Servono soldi, questo è innegabile. E serve crederci. Lo dico a noi stessi: tutti abbiamo una carriera, chi nell’insegnamento, chi come solista, chi in altre prestigiose orchestre. Programmare non è semplice, ma intanto siamo ancora qui, per fortuna”.

Ancora, sempre Baccolini. “Essere l’Orchestra Mozart senza Abbado è possibile?”

“Non vorrei buttarla sul nostalgico perché Claudio non l’avrebbe fatto. Siamo tutti figli di quell’esperienza e da lì siamo cresciuti. L’Orchestra ora è una creatura più fragile, inutile negarlo, ma bisogna guardare avanti con coraggio. Perché quello che sa fare è straordinario“.

 

Torniamo in Sala Mozart.

Ci dona un commovente virtuosismo  finale, il nostro violinista.

“Prima del concerto [il Maestro], da solo, era in tensione. Ascoltava, studiava, concentratissimo. Anche brani che conosceva e che aveva diretto per decenni. E’ partendo da qui, da questa concezione di Musica e di Vita che dobbiamo continuare”.

Grazie, caro Giacomo.

 

 

Terzo appuntamento di Di nota in nota:

Regia Accademia Filarmonica di Bologna, Sabato 20 gennaio 2018 ad ore 16:00

Visita guidata alla sede dell’Accademia (gratuita, ma occorre prenotarsi, tramite e mail info@accademiafilarmonica.it) e, a seguire, alle 18:00, in Sala Mozart:

Conversazione tra Mattia Petrilli (flauto di OM) e il musicologo Giordano Montecchi 

 

 

 

[1] Per ricapitolare le complesse vicende di questo Ensemble davvero unico, culminate col concerto del 6 Gennaio 2017, v. il mio contributo su questo sito (Gennaio 2017), alla Rubrica Eventi: ORCHESTRA MOZART RISUONA. 6 GENNAIO 2017: SI RIACCENDE LA GIOIA. In esso sono menzionati pure i precedenti sul tema. Cfr., per affinità tematica, anche il commento (Gennaio 2016) a ABBADO Claudio, La Musica scorre a Berlino Conversazione con Lidia Bramani Ed. Il Saggiatore, Collana I grandi tascabili, Milano, Novembre 2015, pp. 152.

[2] Per chi fosse interessato, v. il mio Diario di viaggio dell’estate 2017, che sto scrivendo a puntate, iniziando dall’ultima, Lucerna. Per accedere ai filmati, meglio partire da Google.

[3] Formatosi nel 2015, il Quartetto Adorno è composto da Edoardo Zosi, Liù Pelliciari, Benedetta Bucci e Danilo Squitieri; giovani ed ottimi musicisti. Il loro nome, Quartetto Adorno, è un omaggio al grande filosofo Theodor Wiesengrund Adorno che, in un’epoca di declino musicale e sociale, individuò nella Musica da Camera l’unica chiave di salvezza per perpetuare un rapporto vero degli individui nei confronti della musica, secondo i valori del rispetto e dell’anelito alla perfezione. Attualmente partecipano al corso di Perfezionamento di Quartetto tenuto dai Maestri Miguel Da Silva, A. Farulli e A. Nannoni presso la Scuola di Musica di Fiesole, fondata dal leggendario Piero Farulli.

[4] Il Presidente Azzaroni ne ha fatto accenno in una frazione di secondo, lasciando più che altro intendere. Forse in un futuro non lontano Haitink potrebbe passare la bacchetta a…..Lo vedremo. Nulla è deciso, a quanto ho capito. Intanto godiamoci lo splendido presente. In ogni caso, chi succederà al grande Maestro olandese dovrà essere degno sia di lui che un certo altro Maestro che amò e guidò l’Orchestra per un decennio.

[5] Ne riferisco nel mio contributo di cui supra alla nota 1.

[6] Francesco Senese (Colico, in provincia di Lecco, 1976), iniziato lo studio del violino a sette anni e diplomatosi col massimo dei voti al Conservatorio Giuseppe Verdi di Como, si è perfezionato con Sergej Krylov, Pavel Vernikov e Herman Krebbers, vincendo numerosi concorsi nazionali e internazionali. Fa parte dell’Orchestra Mozart di Bologna e della Lucerne Festival Orchestra, dirette da Claudio Abbado. Collabora con l’Orchestra del Teatro alla Scala di Milano e l’Orchestra da Camera di Mantova. Ideatore e Direttore del Festival “Musica sull’Acqua” a Colico, è tra i fondatori della Human Rights Orchestra. E’ pure coautore, insieme a Giorgio Fabbri e Luciano Ballabio del saggio, edito da Franco Angeli nel 2010, Come un’orchestra, pp. 240. Il testo, nasce da una grande emozione: dall’intreccio di gioia, vitalità e passione condivise dagli autori grazie alle loro differenti e convergenti esperienze musicali.

Le più recenti ricerche neurobiologiche dimostrano che fare Musica Insieme permette di sviluppare le potenzialità personali, di migliorare le relazioni affettive, lavorative, interpersonali e sociali. Fare musica insieme permette di crescere insieme: è un’inesauribile fonte di evoluzione, gratificazione, soddisfazione, che tutte le persone possono vivere al di là delle differenze di età, sesso, condizione economica, sociale e culturale. Si può, e si dovrebbe, imparare a cantare e a suonare fin da bambini, ma lo si può fare anche dopo e non solo per diventare musicisti di professione: per diventare persone più armoniche, equilibrate, realizzate.

Nel libro, concepito come un’orchestra, gli autori e i loro prestigiosi Collaboratori, attraverso esperienze vere, concrete, avvincenti, ci contagiano con il proprio entusiasmo per renderci partecipi dell’ebbrezza e della bellezza indicibili che si vivono cantando e suonando insieme.

Fare musica insieme è un’esperienza che ha davvero il potere di trasformare le persone, tutte le persone.

[7] Una delle specialità di Claudio Abbado era di coinvolgere, per certi eventi, musicisti di sua fiducia che non facevano parte della Mozart, ma che riuscivano ad amalgamarsi bene con essa ed erano adatti, secondo la visione di lui (condivisa), per quel brano e/o quell’Autore. Convocati, facevano letteralmente i salti mortali per non perdersi l’esperienza di essere diretti dal Maestro. E ciò che valeva per OM, accadeva, ad es., pure con l’Orchestra del Festival di Lucerna, altra sua creatura.

[8] Antonín Leopold Dvořák (Nalahozeves, vicino a Praga, 1841 / Praga, 1904).

[9] In occasione del centenario è uscito, a cura del Comitato celebrativo Otello Bignami, il bel volume, con testo e foto assai suggestive, 1914 -2014 Otello Bignami, Maestro liutaio, Cent’anni, pp. 63. Lo stesso Nicola me ne fece dono in un’occasione conviviale nel maggio 2016.

[10] Il Quartetto Mirus (componenti con Luca: Federica Vignoni e Massimo Canneto, violini; Riccardo Savinelli, viola) è nato nel 2008 all’interno del progetto Sixe (Suono Italiano per l’Europa), promosso dalla Federazione Cemat di Roma. Dopo essersi perfezionato sotto la guida di Bruno Giuranna all’Accademia “Walter Stauffer” di Cremona, è diventato gruppo in residence presso il Festival Autunno Musicale di Como. Nel 2010 è stato selezionato dal Kuss Quartett per partecipare al Festival Internazionale del Quartetto di Reggio Emilia e successivamente è stato invitato da Walter Levin alla Hochschule für Musik di Basilea. Nel 2013 ha invece conseguito il Master in Musica da Camera con Oliver Wille alla Hochschule für Musik di Hannover. Premiato in numerosi concorsi nazionali e internazionali, dal 2012 il Quartetto Mirus è stato invitato a far parte di Ecma (European Chamber Music Academy).

Il debutto in concerto ha avuto luogo nel Bologna Festival del 2009. Da quel momento il gruppo si è esibito presso numerose istituzioni musicali di prestigio, in Italia e all’estero, partecipando fra l’altro all’esecuzione integrale dei Quartetti di Mozart organizzata dalla GoG di Genova. Nel 2013 Mario Brunello ha coinvolto il Quartetto Mirus nel progetto Antiruggine, a Castelfranco Veneto, con l’esecuzione di due brani di Gustav Mahler: il Quartettsatz e la versione cameristica della Sinfonia n. 4. Il repertorio affrontato spazia dai classici agli autori del Novecento storico e contemporanei.

I membri del Quartetto Mirus fanno parte dell’Orchestra Mozart fondata da Claudio Abbado, compongono il gruppo della sua “rinascita” e, con Nicola Bignami, accompagnano il Coro Papageno nel concerto annuale presso il Carcere della Dozza.

[11] Stanislao Mattei (1750/1825, nato e morto a Bologna), frate francescano, insigne musicista, già allievo di Padre Giovanni Battista Martini, suo confratello, nonché erede della cospicua biblioteca musicale di lui. Conosciuto e apprezzato da grandi compositori europei come Meyerbeer e Mayer, il suo nome è legato alla riforma della musica sacra. Fu Maestro di Cappella in San Francesco e San Petronio, membro e più volte principe dell’Accademia Filarmonica, che nel 1799 lo acclamò come socio d’onore “senza sottoporlo all’obbligo dell’esperimento”. Fu insegnante di contrappunto al Liceo Musicale, avendo come allievi, tra gli altri, Gioachino Rossini e Gaetano Donizetti. Nel 1800 scrisse un volume su 122 maestri di cappella della famiglia francescana. La sua biblioteca andrà ad arricchire le collezioni del Liceo musicale e del convento di San Francesco.

[12] Johann Gottfried Herder (Morag, comune situato nel nord est della Polonia, 25 agosto 1744 –Weimar, 18 dicembre 1803) è stato un filosofo, teologo e letterato tedesco. Nel suo primo scritto del 1764, Über den Fleiss in mehreren gelehrten Sprachen (Sulla diligenza nello studio delle lingue), dopo aver ricordato, da teologo quale fu, l’età dei patriarchi biblici che vissero al tempo in cui non vi era ancora la confusione babilonese delle lingue, sostiene che la lingua è come una pianta che cresce e si sviluppa secondo la terra e il clima nel quale è nata e pertanto, poiché “ogni lingua ha il suo proprio carattere nazionale, la nostra lingua materna corrisponde al nostro carattere e al nostro peculiare modo di pensare. Il problema che deriva da questa premessa è quello di come sarà mai possibile comprendere realmente le lingue straniere e ancor più le lingue morte, il greco e il latino, che pure stanno a fondamento della cultura europea”. Respingendo la possibilità di studiare e comprendere una lingua straniera sulla base di traduzioni in quanto, scrive, si perderebbe “il nocciolo della loro forza, il colorito, lo splendore della schiettezza, il loro sonante ritmo”, trova la risposta nella necessità di leggere nella lingua originale ogni spirito che in quella lingua si sia espresso: “raccolgo nella mia anima lo spirito di ogni popolo”.

In questa soluzione sembra essere contenuta una contraddizione: se ogni lingua possiede un proprio differenziato carattere, potremo mai giungere a una reale comprensione di ogni altra lingua a noi straniera? In ogni caso, per Herder “nel labirinto delle lingue il filo conduttore deve essere la lingua materna; a essa ci lega un accordo dei nostri organi più fini e delle nostre più delicate attitudini e a queste noi dobbiamo rimanere fedeli”.

Ogni lingua nazionale, in quanto sorge dall’humus della terra che la nutre, ha dunque un elemento non controllabile dalla ragione e un elemento irrazionale è presente in quel trovare le voci profonde di ogni altra lingua nella “propria anima”. Parole assai suggestive, ma realizzabili solo, a mio avviso, da spiriti davvero eletti.

[13] Jacob Ludwig Grimm (Hanau, comune tedesco situato nel Land dell’Assia, 4 gennaio 1785 – Berlino, 20 settembre 1863) e Wilhelm Karl Grimm (Hanau, 24 febbraio 1786 – Berlino, 16 dicembre 1859), meglio noti come i fratelli Grimm, furono due linguisti e filologi tedeschi ricordati come i “Padri fondatori” della germanistica.

Al di fuori della Germania sono conosciuti per aver raccolto e rielaborato le fiabe della tradizione popolare tedesca nelle opere Fiabe (Kinder- und Hausmärchen, 1812 /1822) e Saghe germaniche (Deutsche Sagen, 1816 / 1818 ). Fra le fiabe più celebri da loro pubblicate vi sono classici del genere come Hänsel und Gretel, Il principe ranocchio, Biancaneve, Cappuccetto Rosso.

 

[14] Detto in estrema sintesi: la viola da gamba è un cordofono ad arco dotato di norma di sette (viola francese) o sei corde (viola inglese, normalmente usata per lo studio) intonate per successione di due quarte. Lo strumento, in base al formato, è collocato sulle o tra le ginocchia; l’archetto, sostenuto dal di sotto, sfrega le corde con un fascio di crine di cavallo.

 

[15] Ivano Coratti (Ospital Monacale, Ferrara, 1933) è avviato ancora bambino alla professione di ebanista. Si appassiona però alla musica, si iscrive al Conservatorio “G.B. Martini” di Bologna e ne esce diplomato in clarinetto e fagotto. A metà degli anni Sessanta entra a far parte dell’orchestra del teatro Comunale. Non ha perso però il suo interesse per la lavorazione del legno e decide di coniugare le sue due passioni, imparando a costruire strumenti. Apprende la professione di liutaio da autodidatta . Nel 1973 è secondo alla Biennale Nazionale di Cremona. Partecipa con i suoi strumenti a numerose esposizioni e nel 1981 vince il primo premio al concorso Wieniawsky di Poznan in Polonia. Nel 1979 era stato tra i soci fondatori dell’Associazione Liuteria Italiana. Dal 1981 al 1985 insegna liuteria al Conservatorio “G. Frescobaldi” di Ferrara. Coratti costruisce strumenti che si ispirano ai dettami della scuola bolognese di Giuseppe Fiorini e Augusto Pollastri, ma ama anche realizzare esemplari meno ortodossi, come piccoli violini, viole d’amore e ribeche. Nella sua Bottega è possibile ammirare anche una copia della ribeca o violetta di Santa Caterina dé Vigri conservata nella Chiesa bolognese del Corpus Domini.

[16] V. mio Diario di viaggio, Estate 2017 e, in specifico, il filmato che riporto, From Toscanini to Abbado.

[17] Nikolaus Harnoncourt,  nome completo: Johann Nicolaus Graf de la Fontaine und d’Harnoncourt-Unverzagt (Berlino, 6 dicembre 1929 / Sankt Georgen im Attergau, 5 marzo 2016): direttore d’orchestra, violoncellista, gambista e musicologo austriaco, autore di numerosi saggi, molto noto per le sue esecuzioni accurate dal punto di vista della pratica esecutiva storica della musica dell’epoca classica e precedente.

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