(Titolo originale This Land is My Land; Ia ed. inglese 2008; Myths and Facts, Inc. and Eli E. Hertz)

 
Traduzione di Eunice Randall Diprose; Pubblicazione e Distribuzione a cura di The New Thing, Padova, 2011, pp. 93, €.5,00
 
“ ‘…ha una vita intellettuale propria e mostra una notevole attività economica. Questa comunità, con la sua popolazione urbana e rurale, le sue organizzazioni politiche, religiose e sociali, la propria lingua, i propri costumi, la propria vita, ha di fatto le caratteristiche di una nazione’.
Dalla relazione inviata il 22 aprile 1925 dall’Alto Commissario sull’Amministrazione della Palestina, Sir Herbert L. Samuel, all’On. L.S. Amery, Parlamentare britannico, Segretario dell’Ufficio Governativo per le Colonie, nella quale descriveva il modo degli Ebrei di organizzarsi come popolo”.
 
Giornate febbrili, queste di inizio autunno.
A poche settimane dalla perentoria richiesta di adesione unilaterale all’ONU (senza alcun accordo con Israele) come Stato di Palestina da parte dell’ANP, seguita a ruota dalla pretesa -cui i media non hanno dato particolare rilievo- di accedere all’UNESCO, quale membro a tutti gli effetti, con conseguente tentativo, al momento fallito, di inserire Betlemme e, in futuro, altri luoghi santi della tradizione ebraica, ad esempio Hevron e Jerico, nell’elenco dei siti “patrimonio dell’Umanità” sì, ma made in Palestine, ecco la notizia attesa da tempo immemorabile: la liberazione di Gilad Shalit, il giovanissimo soldato rapito, in territorio israeliano, dalle milizie di Hamas nell’estate di cinque anni fa e tenuto in una totale segregazione, senza che nemmeno alla Croce Rossa Internazionale fosse consentito di incontrarlo per verificarne le condizioni di salute. Alla base della liberazione, peraltro al momento (14 ottobre) non ancora avvenuta, sta un accordo intervenuto tra il democratico Governo di Gerusalemme e la feroce organizzazione terroristica, un tremendo baratto che vedrà lo scambio tra il militare di leva -ora ventiseienne- da una parte, e oltre un migliaio di palestinesi, uomini e donne, macchiatisi, a suo tempo, di orrendi delitti contro la popolazione israeliana, dall’altra.
Un momento difficilissimo per l’Esecutivo guidato da Bibi Netanyhau e per tutto il Paese, una parte non esigua del quale, pur con estremo dolore, si è dichiarata contraria a tale mossa, ritenendola un cedimento alla strategia del terrore, foriera di nuove tragedie.
Giunge quindi a proposito questo prezioso libretto, Questa terra è la mia terra, scritto da Elie E. Hertz, proprietario e curatore di Myths and Facts [1], sito web molto importante per una corretta informazione sul Medio Oriente e, in primo luogo, sul conflitto arabo/israeliano/palestinese.
L’opera, tradotta in italiano da Eunice Randall Diprose e pubblicata grazie all’impegno della davvero benemerita EDIPI -Associazione Evangelici d’Italia per Israele [2]- spiega, in modo esaustivo e con linguaggio chiaro, il legame degli Ebrei con la loro Terra di origine, le motivazioni non solo storico-religiose, ma anche giuridiche sulle quali si fonda la legittimazione dello Stato ebraico.
Come ha spiegato il Prof. Marcello Cicchese, durante la presentazione avvenuta lo scorso 22 settembre al Palazzo della Cultura Ebraica in Roma, questo testo in italiano è particolarmente rilevante perché:
a. chiarisce che il problema mediorientale trova la sua base negli avvenimenti successivi alla Prima Guerra Mondiale: Dichiarazione Balfour del 2 novembre 1917 e successiva Risoluzione di San Remo del 1920 (“Conferenza di pace” che si svolse dal 19 al 26 aprile di quell’anno) nella quale si decise di conferire alla Gran Bretagna il Mandato per la Palestina, con il preciso compito di dare esecuzione a quella Dichiarazione di circa tre anni prima, con cui la Gran Bretagna si era dichiarata favorevole alla costituzione in Palestina di una national home per gli Ebrei. La Risoluzione adottata fu, in seguito, ratificata dalla Lega delle Nazioni nel 1922 e può essere dunque considerata come il primo riconoscimento ufficiale del costituendo Stato di Israele
b. pone l’accento, come detto, sugli aspetti giuridici -e non solo politici e religiosi- del problema poiché esamina i fondamenti di Diritto internazionale sui quali sono state adottate le decisioni fondamentali
c. vede la luce in un momento in cui, oltre a ciò che ho scritto in apertura, è in corso da troppo tempo una campagna internazionale di delegittimazione, ad ogni livello, dello Stato di Israele.
 
A quest’ultimo proposito, per limitarci a casa nostra, è imminente (lunedì 17 ottobre p.v.) la presentazione a Roma del primo rapporto del Parlamento italiano sull’antisemitismo, frutto delle ricerche effettuate dal comitato di indagine conoscitiva presieduto da Fiamma Nirenstein. Nel corso dell’indagine -ci informa il quotidiano il Foglio del 15 ottobre- sono stati interpellati anche esperti di fama internazionale come Dina Porat e Robert Wistrich. In un’anticipazione del rapporto si legge che i dati evidenziano la crescita verticale dell’antisemitismo che, nel 2009, ha raggiunto “un picco senza precedenti dalla Seconda Guerra Mondiale”. Da rilevare che un 44% (!) di italiani dichiara di non provare simpatia per gli Ebrei -d’altronde è sufficiente effettuare, a titolo personale, una piccola, ma attenta ricerca per trovare, ahimé, conferma di tale dato!-. Viene anche esaminata la piaga  dell’antisemitismo on line, ormai diffuso a macchia d’olio, cui va imputato il fatto che il 22% dei giovani nel nostro Paese nutre un atteggiamento variamente ostile nei confronti degli Ebrei.
Il documento riporta le conclusioni raggiunte sul “nuovo"  [in realtà ultraquarantennale, ma vertiginosamente incrementatosi nell’ultimo decennio] antisemitismo, che applica allo Stato di Israele stereotipi antisemiti.
 
Ben venga dunque Questa terra è la mia terra, testo ampiamente documentato -tra le varie Rubriche ce n’è una intitolata in modo emblematico“Miti”-, arricchito da alcune fotografie e mappe. Tra queste ultime, significative le due di copertina. La prima raffigura il territorio in origine (1920) assegnato come Jewish National Home; la seconda mostra la zona destinata al costituendo Stato ebraico due anni dopo, a seguito della creazione, da parte britannica, del Regno di Transgiordania (in favore degli Hashemiti), creazione ottenuta tramite l’amputazione del 78% dell’intero.
Questi dati rivelano l’autentico significato delle parole del Presidente dell’ANP, Mahmud Abbas, quando egli afferma che i Palestinesi, magnanimi, sono disposti ad  accontentarsi del  “solo”  22% del territorio della Palestina per fondare il loro Stato!