(Titolo originale Podwójny krajobraz, 2008)
Trad. dal polacco Marzena Borejczuk, Keller Editore, Rovereto, collana Tracce, 2010, pp. 137, €.13,50
“….sono sopravvissuta. Scottata, avevo spiegato le vele verso l’Oriente. Ho costruito un kibbutz. Ho piantato un albero. Ho partorito figli. Ho scritto un libro e ho voluto portarlo in questa città…..”
Nata in Polonia nel 1931 da famiglia ebraica, Irit Amiel trascorre i primi anni della Seconda Guerra Mondiale nel ghetto di Cestocova e riesce a salvarsi grazie a “documenti ariani”.
Tutti i suoi cari vengono deportati e sterminati a Treblinka.
Lascia la Polonia nel 1945 per raggiungere clandestinamente la Palestina mandataria: vi arriverà nel 1947, dopo essere passata per Germania, Italia e Cipro. Da allora vive in Israele, dove ha dato vita ad una famiglia, ha avuto figli e nipoti. Alterna lavori in prosa a raccolte poetiche e traduzioni.
La presente opera, Fratture, scritta nella lingua materna e sapientemente tradotta in italiano da Marzena Borejczuk, è stata inserita nella rosa dei candidati al NIKE (Nagroda Literacka) 2009, il più prestigioso premio letterario polacco, assegnato da oltre un ventennio al miglior libro dell’anno.
Il merito di averla fatta conoscere nel nostro Paese spetta alla   Casa Editrice Keller   di Trento, che l’ha pubblicata nel 2010.
Ho terminato or ora questo piccolo, grandissimo testo -prelevandolo dall’ideale pila, sempre troppo alta, delle opere ancora da leggere- grazie al fatto che esso compone la terna finalista dell’XI Premio Letterario ADEI-WIZO, insieme con La simmetria dei desideri di Eshkol Nevo (Neri Pozza Ed., collana Bloom, Vicenza, 2010) [1] e E’ andata così di Meir Shalev (Giangiacomo Feltrinelli Editore, collana I Narratori, Milano, 2010) [2] .
Si tratta di ventitre racconti, alcuni più complessi, altri brevissimi, fulminanti, scritti con stile lieve, profondo, che divertono e commuovono, da leggere d’un fiato, ma pure da riprendere e meditare, per la notevole capacità dell’Autrice non solo di avvicinare i lettori agli universali temi della Shoah, dell’importanza della Memoria e dell’impegno nella Rinascita, ma, soprattutto di porre in luce lo stretto rapporto tra la stessa Shoah e Israele, tra Ieri e Oggi, tra la Perdita, la Morte e la Vita Nuova.
Passato e Presente sono intimamente legati e ciò è ben illustrato dall’immagine posta in copertina dell’edizione italiana: un giardino pubblico -immagino di una città israeliana- e, al centro, l’immagine sfocata, quasi un fantasma, di una mamma con il suo bambino per mano.
Le gelide campagne della Polonia, le lugubri vie delle cittadine -ove col cuore in gola senti avvicinarsi il passo cadenzato dei soldati tedeschi- si alternano alla luce della Terra di Israele profumata dai cespugli odorosi di miele con gli uccellini che fanno echeggiare il loro canto.
I protagonisti delle storie di Irit sono coloro che ella chiama gli “Scottati”, cioè le persone toccate, ma non divorate dal fuoco distruttore, coloro che non hanno visto il volto della Gorgone, ma hanno ricominciato una nuova esistenza nella Terra dei Padri portando con sé un indicibile ed incancellabile bagaglio di dolori e ricordi. Vite fratturate, come, ad esempio, quella di un certo Karol Gitler, già membro di uno Judenrat (corpi amministrativi dei ghetti, costituiti da Ebrei, imposti dai Nazisti nei territori da loro occupati nell’Est Europa), che aveva perduto moglie e figli fucilati dai tedeschi, il quale, giunto in Israele dopo aver assunto il nuovo, significativo nome di Katriel Hai diviene, nella cittadina di sviluppo di Yeruham, non lontano da Be’er Sheva, un abile barbiere (il mestiere l’aveva imparato nell’inferno del campo), ma, soprattutto, un grande maestro di vita, in memoria dei suoi congiunti uccisi, per colui che ci racconta la storia, un cardiochirurgo israeliano di origine marocchina.
Scampoli autobiografici: la vicenda della giovanissima Fania, rimasta orfana delle persone più care, innamorata del Sionismo, la quale riesce a raggiungere la Terra Promessa dopo innumerevoli peripezie. Ma che fatica la vita in kibbutz!
Certo l’epopea dei Pionieri è parte essenziale dell’ethos di Israele, ma lo sono altrettanto le vicende di coloro che sono passati attraverso la Grande Tragedia.
Paradossi spesso atroci, come il caso dei due Shmuel, narrato da una voce femminile, la figlia di una certa Chana.
Che dire degli “Arzigogoli familiari”, di sapore biblico/medievale con quel “vai e vieni” tra Ebraismo e Cristianesimo, rievocati da Itzhak Karmel ?
E ancora il Passato che è sempre Presente, in un legame indissolubile, così ci testimonia Irit, la quale decide di condurre in gita a Eilat, per il 56° anniversario dell’operazione di cattura compiuta nella città natale, l’intero gruppo dei compagni di classe, uccisi nella Shoah. Dolore, amarezza, perfetta consapevolezza nei ragazzi morti di essere stati lasciati soli dal mondo -sentimento di abbandono acuito dalla contemplazione di quella stupenda natura, tanto colorata quanto indifferente…-, senza risparmiare alla superstite frecciatine ironiche.
Irit, sapiente Maestra: capelli d’argento tagliati cortissimi, un sorriso carico di dolcezza.
Ma anche nella Terra della Rinascita la vita porta dolori e disillusione, come testimonia l’amore impossibile, tragico, tra il medico palestinese Salim (Pace) e la giornalista israeliana Tikvah (Speranza), separati dall’incomprensione dei vicini e dall’odio della cosiddetta Intifadah, scoppiata nell’autunno 2000.
Il libro della Amiel ci testimonia quanto l’Universo tremendo della Shoah sia -dolorosamente- fonte inesauribile di Riflessione e di Memoria.
L’Undicesimo Comandamento è: Ricorda. Sempre! Fino alla fine dei tempi! Racconta sempre di noi! Così la Scrittrice si rivolge alla nipote annunciandole nell’ultimo, commovente quadro, la visita dei parenti scomparsi, che giungeranno nel “tuo bel giardino israeliano, che in estate profuma di gelsomino, in primavera di basilico, e in inverno di gatti”.
Ma, oso aggiungere, c’è un Dodicesimo Comandamento: State sempre vigili e attenti ai segnali provenienti da coloro che, non stanchi, vorrebbero ripetere -nell’indifferenza colpevole del mondo cosiddetto civile- l’Orrore compiuto da altri circa settant’anni fa.


Incoraggiata dalle belle parole di apprezzamento espresse dalla Casa Editrice Keller sul mio commento a Fratture di Irit Amiel, ho inviato all’Autrice israeliana un messaggio e mail allegandole il testo della recensione tradotto in inglese.

Ho ricevuto una pronta e lusinghiera risposta.

 

 

Dear Mara, (On 4 July 2011 22:02)

Your review about my book is excellent. I was very touched reading it. Thank you so much. Your English is perfect. I would  like to tell you that I have published a book in London under the title SCORCHED, which is much better than burnt. 

I got the second place by the Wizo organization and they plan to invite me to Milano in November in order to meet some school students. So it is possible that I will come to Milano with my grandson-Assa in November.

Hope to meet you then. Warm regards

Irit Amiel

 

On 3 July 2011 13:28, Mara <mara.1948@alice.it> wrote:

Dear Irit,

my name is Mara Marantonio and I live in Bologna (ITALY).

I love Israel and its literature.

When I have time, I manage my web site www.angolodimara.com  ( Mara’s Corner) where write about Literature, Jewish and Israeli, cinema and culture.

I send you my review – taken from my web site and translated by Italian to English: I  apologize for my bad English!- on your wonderful Podwójny krajobraz.

Yours sincerely.

Your “Face book” friend

                                                  Mara

 

 

TO IRIT

 

Polish by birth from a Jewish Family in 1931, Irit Amiel spent Second Mondial War’s first years into Czestochowa’s ghetto. She survived thank to “Arian” papers, but all her family was deported and exterminated in Treblinka.

She leaves Poland in 1945 to reach Palestine of the Mandate: she arrive there in 1947 after going through Germany, Italy and Cyprus. Thereafter Irit lives in Israel, who she raised a family with children and grandchildren.

This novel, Splits (in Italian: Fratture), written in the mother tongue (Polish), was candidate in prestigious polish Award NIKE 2009; then was translated into Italian by Marzena Borejczuk with skilfulness. Keller, a publishing house form Trento, has introduced and publicized successfully this novel among Italian readers. Moreover it is a finalist XI ADEI WIZO Adelina Della Pergola Award with “Mishalà ahat yemina“ (by Eshkol Nevo) and “Ha-Davar Hayah Kakhah“ (by Meir Shalev).

“Splits” consists of 23 stories, some elaborate, some very, very short, fulminating: all written by an elegant and evocative style, enjoyable and touching; they are sometimes  unputdownable, and sometimes you can read them and later muse on linkage between Shoah and Israel, Present and Past; Today and Yesterday; Loss, Death and a New Life; on Memory’s importance.

Present and Past are closely connected: that is well illustrated by a picture on Italian version’s cover: in the midst of a park -in an Israeli city, I suppose- the image blurred (perhaps a ghost) of a child in the hands of his mother.

Poland’s chilly fields, little towns gloomy streets -and you are panting while hear German soldiers rhythmical steps coming- alternate with the Eretz Israel’s light…Eretz Israel scented of honeyed bushes!

Characters of Irit’s novels are the so-called “Burns”. People brushed, but non destroyed by deadly fire: they haven’t seen the Gorgon’s face. They turned over a new leaf in The Promised Land bearing a lot of pains and memories. Lifes “broken” as, for example, the Karol Gitler’s life, formerly a Judenrat’s member, whose wife and children was shot by Nazis. Karol, arrived to Yeruham, in Eretz Israel, becomes an able barber (he learnt this craft in lager’s hell…), his new name is Katriel Hai (Life) and, above all, becomes an important master of life, in memory of his destroyed family, for the teller of this novel, an Israeli heart surgeon of Morocan origin.

Autobiographical fragments: the young Fania’s story, an orphan, mad about the Zionism: she arrives  to Eretz Israel after many vicissitudes. but…..what an effort life in kibbutz!

I think that Pioneers story is very important for Israeli ethos; nevertheless very important are lives of the Survivors.

What about “Family complications” (in Italian: “Arzigogoli familiari”), with a biblical/medieval flavour, and that “comings and goings” between Hebraism and Christianism, remembered by Itzhak Karmel?

Past is always Present: Irit takes for an excursion to Eilat all her schoolfellows, perished in the Shoah, in memory of their deportation’s 56° anniversary. Dreadful suffering and awareness of loneliness; loneliness worsened by contemplation of that wonderful, but indifferent nature in Israel! And also the children are ironical about their survived classmate!

Irit is a sapient and sweet master of life!

But even in Rebirth’s Land -Eretz Israel- there are Pains and Disappointments: an impossible love between a Palestinian surgeon, Salim (Peace), and an Israeli Journalist Tikva (Hope), separated because off neighbours incomprehension and the so called Second Intifadah ‘s awful hate.

Amiel’s book tell us how dreadful world of Shoah is an inexhaustible source of Reflection and Memory.

“The Eleventh Commandment is: Remember (Zachor). Always! Tell Always about us”

Irit speak to her grand-daughter like this: “Our relatives departed are coming. They are coming to your wonderful Israeli garden, scented in summer of jasmine; in spring of basil; in winter of…..cats”.

But let me tell You: There is a Twelve Commandment: Pay attention to all people who hate Israel and the Jewish and burn to repeat -while the World is silent!- the Horror perpetrated by someone else 70 years ago.

Mara Marantonio www.angolodimara.com

 



[1] V. mia recensione su questo sito (Agosto 2010).
[2] V. mia recensione su questo sito (Ottobre 2010).