[Segue 28 Aprile]
Qui [in Golan] non ci sono “congelamenti” edilizi vari come in Cisgiordania; si costruisce senza remore: belle case dai tetti rossi, giardini, palme, ancora eucalipti.
E un certo spirito autoironico, tipicamente ebraico.
Eccone una dimostrazione: il bar cui accennavo sopra ha un nome fantastico: Coffee Annan (Annan in ebraico significa Nuvola). L’ironia nasce dal contatto/contrasto tra le nuvole, il bar e il nome, che suona identico, dell’ex Segretario generale dell’ONU (Kofi Annan), non proprio in odore di simpatia nei confronti di Israele.
In breve giungiamo al kibbutz El Rom (sito web: www.kfar-elrom.com)
EL ROM         
 

Il nome di questo luogo, situato a circa due chilometri a ovest del Monte Hermon, a circa m. 1050 s.l.m., è tutto un programma: El Rom significa “Verso l’alto”, non solo -e non tanto- in senso geografico (insieme col vicino moshav Odem -color rubino, come l’omonimo monte sul quale è costruito, un vulcano estinto- è la comunità posta all’altezza maggiore sul livello del mare di tutto il Paese), ma figurato: è l’ideale sionista di andare oltre, di mirare “a cose grandi”: ricordate Ha Tzofim, il nome ebraico di Mount Scopus?

Il kibbutz fu fondato nel 1971 da un gruppo di membri del Movimento giovanile sionista. La sua sede originaria era nelle vicinanze della città di Quneitra (conquistata da Israele nel 1967).
Durante la Guerra di Yom Kippur nell’autunno 1973, l’insediamento fu distrutto poiché, tra l’altro, proprio in quel luogo si svolse un’importante scontro tra carri armati. Dopo la guerra fu ricostituito nella sede attuale. Gli abitanti (poco più di 300) praticano una concezione di vita improntata ad un Sionismo per così dire liberale, centrato sul rispetto e la salvaguardia dell’ambiente. Tale filosofia è anzitutto espressa nel locale sistema prescolastico, rivolto in specifico ai bambini del kibbutz.
L’economia si basa in primo luogo sull’agricoltura e sull’allevamento del bestiame (polli e vacche da carne).
Nel 1984 il kibbutz ha dato vita agli El Rom Studios,un servizio di doppiaggio per cinema e televisione di ottima qualità, ben conosciuto da adulti e ragazzi provenienti da tutto il Paese e non solo. Da rilevare che in Israele di rado i film stranieri vengono doppiati in ebraico, ma solo sottotitolati. Gli Studios di El Rom praticano entrambi i servizi.
Come altri visitatori assistiamo alla proiezione di un filmato, molto coinvolgente, dal titolo OZ (Forza, Coraggio) 77. Il protagonista è Avigdor Nahalani (nato nel 1944), eroe di guerra e uomo politico, che comandava le truppe nella durissima battaglia di carri armati, strategicamente assai importante per Israele, svoltasi, durante la guerra del 1973 nella cosiddetta Valle di Lacrime (Emekh Ha-bacha). Nonostante l’alto numero di caduti, un manipolo di carristi coraggiosi ebbe la meglio sulle più numerose truppe siriane.
Nel suo bellissimo libro Quest’anno a Gerusalemme [1], dedicato agli israeliani di origine italiana (italkim), Angelo Pezzana intervista, tra gli altri, Aldo Ascarelli nel capitolo Il più vivo dei miei figli. Il “più vivo” figlio di Aldo è il giovane Amir, caduto nella Guerra di Yom Kippur, sulcanale di Suez (la diversità di contesto geografico non ha importanza). Ecco poche righe della testimonianza: “Gli egiziani hanno attaccato con una quarantina di Tank, loro erano in quattro. Sono riusciti a distruggere ventiquattro carri armati egiziani e a mettere in fuga gli altri. Tre dei nostri allora hanno preso ad inseguirli, ma due sono rimasti senza munizioni e si sono fermati. Quello di mio figlio ha continuato da solo finché è stato distrutto”.
OZ 77 -in ebraico, sottotitolato in inglese- si avvale di testimonianze dirette con filmati originali ed è davvero emozionante. Alla fine della storia appare sullo schermo un giovane militare con un fiore in mano, facilmente riconoscibile: si tratta di Yonathan Netanyahu (Yoni), l’eroe di Entebbe.
Un “memoriale” di questa storica battaglia si trova nel vicino kibbutz Merom Golan (www.meromgolantourism.co.il).
Scendiamo e passiamo rapidamente da Qazrin, capoluogo del Golan. Dell’antico centro ebraico restano le rovine della sinagoga, costruita nel III-IV secolo e.v., rinvenuta nel corso di lavori di restauro in zona nel 1971. L’edificio fu quasi del tutto distrutto nel 746 da un terremoto.
A Qazrin vi è rilevante un Museo archeologico, che ricostruisce la storia dell’insediamento umano in loco, dalla preistoria fin al VII secolo d.C. I reperti più antichi sono strumenti in selce e basalto ed ossa animali fossilizzate (collocabili addirittura a 500.000 anni a.C.).
Dopo la distruzione -nel 70- di Gerusalemme e del Tempio ad opera dei Romani, il centro della vita ebraica si spostò verso nord e molti Ebrei si stabilirono nel Golan.
Scendiamo dalle Alture. In questa zona si estende una grande riserva forestale -600 ha da Qazrin alle sponde del Lago- ricca di alberi secolari, popolata da diverse specie animali, nella quale puoi fermarti ad ammirare torrenti e cascate. Sarebbe davvero un sogno ritornare e fermarsi almeno due giorni.
Giungiamo al kibbutz Ein Gev, posto sulle sponde del Kinnereth,nel cui rinomato ristorante di pesce ci fermiamo per il pranzo, come nel 1996.
Fondato nell’estate 1937 secondo il modello già visto di “Torre e Palizzata”, Ein Gev si trovò in prima linea nei duri combattimenti -con molte vittime; fu anche bombardato- contro le forze siriane durante la Guerra di Indipendenza del 1948 e comunque fino al 1967 il kibbutz si trovò in un’area molto esposta. Oggi conta circa 250 membri e pratica un’agricoltura di avanguardia (agrumi, banane, datteri), nonché allevamento di struzzi, oltre ad ospitare un ben attrezzato Hotel con accesso diretto alla spiaggia.
Tra gli illustri residenti vi fu Teddy Kollek, il celebre Sindaco di Gerusalemme.
Vicino a Ein Gev c’è il notevole centro archeologico di Hippos (o Sussita). Questa città fu fondata in epoca ellenistica ed ebbe un certo sviluppo durante la dominazione romana. In occasione degli scavi sono stati rinvenuti anche reperti del periodo bizantino e arabo, fino al secolo VIII, quando nella regione vi fu un devastante terremoto.
Una passeggiata lungo le rive del lago con mille profumi intorno a noi…
Mettiamo un attimo i piedi nell’acqua fresca e limpidissima.
Il Kinnereth si increspa all’improvviso a causa dei venti che soffiano forti da un istante all’altro; come del resto attestano anche i Vangeli.
DSC01696
Particolare ironico, che suona come una piccola vendetta.
I nemici di Israele tante volte, a cominciare dagli anni antecedenti la Guerra dei Sei Giorni del 1967, hanno manifestato il nobile programma di spedire gli Israeliani, gli odiati Ebrei, a “bere l’acqua del Mediterraneo”. Bene; ci mancherebbe… Quasi all’imbocco del Lago c’è però un’immagine stilizzata di Hafez Hassad intento a pescare nel Kinnereth, nei confronti del quale aveva manifestato, a più riprese, idee di appropriazione. Dunque: come la mettiamo?
Qua e là, lungo la strada, immagini di Gilad Shalit, con la preghiera: Non dimenticatemi!
Passiamo accanto al Kibbutz Kinnereth, fondato, come fattoria (Havat Kinnereth, Fattoria Kinnereth), nel lontano 1908; divenuto kibbutz nel successivo 1913.
Oggi conta circa 600 abitanti ed è noto per l’apicoltura e l’ottimo miele (a denominazione “Kinnereth Farm”). Nel locale cimitero sono sepolti personaggi illustri, come il politico Berl Katznelson, la celebre cantante Naomi Shemer (che qui nacque), la poetessa Rahel Bluwstein.
Quest’ultima -nota col solo nome proprio: Rahel- può essere considerata la prima poetessa dello Stato in costruzione.
Occorre tener presente, come scrive Sarah Kaminski -in un articolo dal titolo Una stanza tutta per loro. La donna nella letteraura israeliana, 2003, apparso su Musa (Cultura e Scienza di Israele), la Rivista edita dall’ufficio culturale dell’Ambasciata israeliana a Roma-, “il mancato riconoscimento letterario e il mantenimento di una posizione secondaria delle autrici israeliane  si era protratto a lungo e, malgrado le premesse ideologiche, la situazione rimase alquanto invariata fino agli anni Sessanta [del Novecento]”.
Le donne si erano trovate in una  posizione defilata nel panorama letterario ufficiale; nella prima parte del secolo, si dedicarono alla didattica e al lavoro pubblico, e dunque la loro scrittura “rimase circoscritta all’intimità del racconto, specie di stile memorialistico o formativo”.
La nostra Autrice  non fa certo eccezione, almeno in gran parte.
Rahel era nata a Saratov, in Russia, il 20 Settembre 1890, undicesima figlia di Isser-Leib e Sofia Bluwstein, nipote del rabbino capo della Comunità di Kiev. A 19 anni, diretta -insieme ad una sorella- in Italia per studiare  arte e filosofia, visita la Terra di Israele, se ne innamora e decide di stabilirvisi.
Lavora dapprima a Rehovot, indi a Kinnereth, dove studia e lavora in una scuola femminile di agricoltura. A Kinnereth incontra A.D. Gordon, che avrà notevole influenza sulla sua vita e al quale dedica la sua prima opera poetica in ebraico. Nello stesso periodo vive una storia d’amore con Zalman Rubshov, centro di numerose sue poesie d’amore, conosciuto successivamente come Zalman Shazar (il terzo Presidente di Israele). Su consiglio di Gordon si reca poi in Francia, a Tolosa, dove studia agronomia e disegno. Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, non riesce a ritornare in Palestina;  va allora in Russia dove insegna ai piccoli profughi. In quella circostanza contrae la tubercolosi. Alla fine della guerra, a bordo della celebre nave Ruslan, rientra finalmente in Terra di Israele e soggiorna a Degania, ma la malattia (contagiosa) le impedisce di vivere la sognata esistenza comunitaria di contatto con la natura e gl’ideali sionisti. Trascorrerà i rimanenti anni della sua vita (muore nel 1931) tra Gerusalemme, Tzfat e Tel Aviv.                                                                                   RAHEL Poetessa

 Ecco alcuni suoi versi:
“Nel mio giardino ti ho piantato, nel mio giardino nascosto, il mio cuore.
Intricati sono divenuti i tuoi rami
E profonde in me le tue radici.
E dall’alba alla notte
Non tace, non si placa il giardino,
perché ci sei tu, tu
con i mille uccelli del tuo canto”.
E, a proposito del Lago, esprime questi sentimenti veri e profondi: “L’occhio azzurro di questo angolo del nostro Paese…Il Lago Kinnereth non è un paesaggio qualunque, né un angolo di natura, ma il sito del destino di un popolo. Qui il nostro passato strizza i suoi mille occhi e ci culla tra le sue mille labbra” (Rahel, “Sulle sponde del Lago Kinnereth”).
La tomba di Rahel, a Kinnereth
                                                                        RAHEL Tomba
Siamo di nuovo sulla Strada 90.
In un arco di tempo che a me pare molto breve, forse perché sono un po’ stanca e riesco ad assopirmi per alcuni minuti, giungiamo alla nostra meta finale di oggi, il kibbutz Kalia, in prossimità della parte nord del Mar Morto, dove, ricorda Chicca, in occasione di uno dei viaggi di solidarietà organizzati quando era Presidente della Federazione delle Associazioni Italia/Israele, il gruppo di prodi, da lei capitanato, veniva qua a dormire, da Gerusalemme, in segno di amicizia nei confronti di un Popolo e di uno Stato colpiti dal terrorismo e isolati a causa della viltà occidentale.
Kalia è nato dopo la Guerra del 1967, oltre la cosiddetta “Linea verde”. Il suo nome è un acronimo della frase: “il Mar Morto risorge”, ma è tutto il sito che è risorto, dopo la suddetta Guerra.
Condivido le considerazioni che Chicca scrive sul dépliant del nostro viaggio: poiché, data la sua posizione diciamo geopolitica, Kalia è a rischio di passare -in futuro- nel territorio dello Stato palestinese, ciò sarebbe davvero un peccato, poiché si tratta di kibbutz stupendo, inserito, aggiungo a mia volta, in un ambiente molto ben curato dall’impegno e dal sacrifico di tante persone le quali, in questi quaranta -e passa- anni hanno dato il meglio di sé (agricoltura, allevamento del bestiame, ovviamente secondo criteri avanzatissimi), senza perdere tempo in roboanti dichiarazioni o peggio.
L’amore per una terra -ribadisco- si dimostra con i fatti, curandola e nutrendola, non imbrattandola di sangue e sfregiandola di odio, come si è potuto vedere nel caso di Gaza, con Hamas.
E non la si santifica programmandone, in modo tonitruante, il futuro quale territorio judenrein, com’è nelle dichiarazioni e nei programmi dell’Autorità Palestinese. Fine della riflessione.
Entriamo dopo aver passato il cancello a protezione e i controlli del caso operati da una severa pattuglia di Tzahal.
Chiara consapevolezza che questi splendidi luoghi sono oggetto di un’aspra contesa, di carattere non territoriale (come per lo più si sostiene), bensì culturale, esistenziale.
Ma, all’interno, la pace regna sovrana. Ci sistemiamo in graziosi bungalows disseminati nel verde. E, prima e dopo cena, ci concediamo piacevoli passeggiate.                                                                                DSC01707

KALIA 1

                                                                                  KALIA 2

Riposo dolcissimo, cullati da voci di uccelli notturni e vegliati dalle stelle.



[1] A. PEZZANA, Quest’anno a Gerusalemme, Corbaccio, Milano, 1997, pp. 302 (la presente citazione è a p. 40), riedito da Giuntina, Firenze, nel 2008 (pp.304).