(Titolo originale Sufah ben-ha deqalim, Am Oved, Tel Aviv, 1975;    Ed. Giuntina, 2009, pp. 171
 
“Ora…sorrideva divertito e quando un’altra folata di vento le fece scivolare…i capelli sul volto, Denise li lasciò così, come se fossero un velo e i due ragazzi si guardarono attraverso questa cortina di seta. Entrambi risero per la troppa felicità”
 
Esattamente un anno fa, nell’ottobre 2008, ho avuto il piacere di leggere e commentare l’insolito, bellissimo romanzo “Rifugio” di questo Autore il quale, come scrivevo, riassume in sé l’esperienza ebraica e l’esperienza araba, in una sintesi di vissuti diversi. Rimando perciò a quel contributo notizie biografiche e culturali.
In questi giorni la Casa Editrice Giuntina pubblica, nella collana “ISRAELIANA” il quarto romanzo di Michael tradotto in italiano, “Tempesta tra le palme”, uscito in Patria nel 1975. Si tratta di un altro importante sforzo da parte degli amici fiorentini nell’opera di estrarre dal tesoro della letteratura di Israele “cose nuove e cose antiche”.
La vicenda qui narrata si svolge a Bagdad ed ha come sfondo gli anni della Seconda Guerra Mondiale:  in particolare, la primavera 1941 quando un colpo di stato, fomentato dall’immancabile Gran Muftì di Gerusalemme, il trucemente famoso Haji Amin al Husseini -amico personale di Hitler-, porta al potere, nella notte tra l’1 e il 2 aprile, il leader filonazista Rashid Alì al Gailani, aiutato da un gruppo di ufficiali dell’esercito (noti come Golden Square”), costringendo il piccolo Re Feisal II (il giovane sovrano trucidato con tutta la famiglia durante il successivo, sanguinosissimo golpe del 14 luglio 1958) e la Corte a fuggire in Transgiordania.
I tedeschi dilagavano in tutta Europa e nel Nord Africa; i simpatizzanti dei nazisti in Iraq intendevano aggredire gl’Inglesi alle spalle attaccando le navi nel porto di Bassora, per condividere la vittoria con Hitler. Il loro trionfo fu però di breve durata, perché l’aiuto promesso dalla Germania all’Iraq non arrivò, se non sotto forma di appoggio aereo limitato, e i sogni di gloria sotto la bandiera della croce uncinata andarono in fumo. In realtà Hitler aveva deciso di posporre un forte intervento in Iraq, con conseguente controllo dei pozzi petroliferi, all’Operazione “Barbarossa”, invasione dell’Unione Sovietica, iniziata poco più di un mese dopo e conclusasi con l’esito che conosciamo.
Tragico epilogo della vicenda irachena fu il pogrom (una sorta di vendicativo “colpo di coda”) di giugno, la sera del primo giorno di Shavuot, quando gli Arabi attaccarono i quartieri ebraici di Bagdad, uccisero -in una sola notte- quattrocento ebrei e saccheggiarono migliaia di case e negozi.
Protagonista del romanzo è Nuri, un adolescente ebreo che vive con i genitori, le tre sorelle e l’affezionato cane Zuzu in un quartiere della capitale, dove tra i vicoli scuri abbonda il verde, le case sono circondate “da alberi rigogliosi” e dietro i tetti “svettano le cime delle palme”. Poco lontani ci sono i nonni materni, Aziz e Massuda. Gli Ebrei vivono con una certa preoccupazione gli avvenimenti che scuotono il mondo e, in primo luogo, il Paese nel quale vivono da tempo immemorabile, oltre duemila anni: la convivenza con gli altri gruppi religiosi, in specie coi musulmani, si fa via via più difficile. Nuri è consapevole del pericolo che incombe su di lui e la sua gente, ma non rinuncia a prendere parte agli avvenimenti, suscitando così angoscia e rimproveri nei familiari e negli adulti più vicini. E’ un ragazzo forte, orgoglioso della propria identità ebraica, dichiarata apertamente. Agli occhi del padre, fiero di lui, egli rappresenta la persona che questi, gravato da un’eredità di paura, retaggio di diverse generazioni, avrebbe voluto essere. Furbo e abile, Nuri sa districarsi molto bene nelle difficoltà, a cominciare dalle rigide usanze musulmane.
Come reazione all’antisemitismo di matrice islamica che monta progressivamente, propiziato dalla situazione internazionale, la comunità ebraica si fa cauta e circospetta: i rapporti tra individui di fede diversa, apparentemente tranquilli fino a poco tempo prima, lasciano spazio ad una radicale diffidenza, anche negl’incontri più frequenti e comuni (come al caffè). La paura è palpabile, simile a un fiume carsico, che a volte emerge in modo deciso, per poi nascondersi nelle pieghe del consueto conversare e vivere. Anche a scuola l’aria è cambiata: un insegnante, in precedenza temuto da tutti gli studenti, è ora terrorizzato da ciò che potrà accedere a loro, Ebrei; e difatti, poco dopo, sarà pugnalato a morte per strada.
Gli amici musulmani ora evitano Nuri. Naif, per esempio, dopo averlo avvertito “Vi uccideranno tutti”, lo ferisce nell’animo manifestandogli aperta ostilità, espressione del nuovo clima che regna.
Il ragazzo tuttavia disapprova con decisione la Paura diffusa tra i suoi, poiché è convinto che occorra combattere il nemico, non rassegnarsi a soccombere o, in alternativa, fuggire di fronte ad esso. Mentre i parenti ritengono che un ebreo debba sottrarsi al pericolo, egli sostiene che esso vada affrontato dopo averne compreso l’origine e le conseguenze.
In tale contesto drammatico si svolge l’esistenza del giovanissimo protagonista, seguito dall’Autore
nel suo peregrinare tra i diversi gruppi costituenti la vasta compagine familiare. Un mondo tradizionale e patriarcale, con i giochi, le urla, gli scherzi….e i turbamenti provocati in Nuri da Hilà, la zia giovane e affascinante.
Il Nonno paterno, ostinato e tradizionalista, una sorta di capoclan, abita in un vicolo stretto, posto nel quartiere più povero di Bagdad, in una casa con la tipica struttura della case patriarcali arabe. Nei confronti del nipote prova una sorda ostilità, condita da discussioni a non finire e aspri confronti; ma quando Nuri vuol conoscere la realtà del tempo passato si rivolge al nonno e quando quest’ultimo desidera spiegazioni sui “folli giorni” del presente è il nipote che va a cercare, evitando il figlio con un certo sprezzo.
“Possono uccidere Nuri in qualunque momento” gli spiega il nonno “ma l’ebreo che c’è in te e che loro vogliono annientare continuerà a vivere per sempre”.
C’è poi una Bisnonna orgogliosa della propria indipendenza. Costei è donna sorprendente, della quale nessuno è mai riuscito a stabilire l’età precisa -tra i 90 e i 110 anni, comunque!-. Pur analfabeta, è in grado di calcolare con esattezza a mente “quando e in che giorno sarebbe caduto Pesach o Rosh ha-Shanà”; “levigata e scaltra come un mercante di tappeti”, ha compreso al volo la gravità del momento, mascherato da una coltre di falsa tranquillità.
Zio Haim, marito di zia Rachel -sorella di Hilà- e padre di un neonato, è un piccoletto ricco di iniziativa, la cui bottega si trova nel quartiere musulmano. In particolare da quando i tempi si sono fatti bui, sogna la Palestina (cioè la Terra d’Israele), ma a lungo tiene duro, non intende muoversi e abbandonare ciò che ha costruito nel tempo. Egli ricorda gli Ebrei d’Europa che rifiutarono di andarsene, nonostante il nazismo.
Prenderà, con infinito dolore, la decisione di lasciare quelle terre, dove gli Ebrei risiedevano ben da prima che “le tribù arabe, sotto la bandiera dell’Islam, giungessero dal deserto”, quando verrà privato di tutti i suoi beni, avendo salve solo la vita sua e degli stretti congiunti.   
Centro della vita affettiva di Nuri è la coetanea e vicina di casa Denise, figura dolcissima e tragica, la compagna di giochi dell’infanzia, il primo, indimenticato amore.
Piene di lirismo e di tenerezza sono le pagine dedicate all’amore tra i due giovinetti. Lei, dai lunghi capelli neri, lo ammalia con le sue favole, mentre lui lancia ridendo figurine colorate alla sua Sheherazade…..Entrambi sono appoggiati alla balaustra dei rispettivi tetti.
Tale magica confidenza suscita la gelosia della sorellina del ragazzo, Juliette, la piccola di casa un po’ viziata, con la quale egli litiga spesso; ma i due fratelli si vogliono un gran bene e solidarizzano tra loro, specie dopo che Nuri, per colpa della sua irruenza, è stato punito dai genitori.
Con toccante lirismo Sami Michael racconta il trauma provocato dall’orrendo massacro su un adolescente e l’inquietudine che lo attanaglia quando vaga silenzioso nella notte nella ricerca vana del suo amore perduto, ripercorrendo i luoghi dove erano stati felici insieme.
Romanzo breve, ma succoso come un’arancia ben matura; stupendo e triste, ricco di sfumature psicologiche: paura, coraggio, speranza, terrore, amore, dolore e nostalgia.
Lo stile scorrevole costruisce un testo sempre coinvolgente, in particolare quando ti porta nel cuore del pericolo e fa sì che l’angoscia dei personaggi diventi la tua.
Le varie sfumature della storia. Per esempio le conseguenze della fame e della brama di saccheggio su un povero bambino musulmano senza colpe, Assad, con il quale la sorte è stata matrigna.
Quella Strage fu Tragedia anzitutto per gli Ebrei, ma anche per i Musulmani poveri, travolti da fatti più grandi di loro, per i quali pagarono un salato conto.
Cariche di pathos le pagine riguardanti le conseguenze operate sui quartieri più miseri della città dalle piene del Tigri, l’impietoso fiume che trascina con sé care abitudini della vita d’ogni giorno, fango, cadaveri di esseri umani e di animali…..Davvero parlanti le scene di misera vita quotidiana, come la lotta tra due piccoli mendicanti per accaparrarsi i mozziconi di sigaretta buttati a terra dagli avventori del caffè: chi arriva prima ne può recuperare il tabacco rimasto, rivenderlo (per pochi spiccioli) alle fabbriche, che ne avrebbero fatto sigarette per i poveri.
Turbamenti d’amore di un adolescente, in barba al pericolo, anzi esaltati da esso; odore di spezie, di dolci orientali e divertimento di fronte alle acrobazie di un cameriere che ricordano al fanciullo protagonista un’insolita danza del ventre.
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