Dall’inizio del Novecento all’indipendenza

 
L’Associazione Italiana Amici dell’Università di Gerusalemme (AUG) e il sito www.israele.net hanno dato vita ad un’importante iniziativa: un DVD (ordinabile alla redazione dello stesso sito) che illustra la genesi e la nascita dello Stato di Israele attraverso una serie di filmati d’epoca (circa cinquanta minuti di immagini e trenta di commento), per lo più a messi a disposizione dallo Steven Spielberg Jewish Film Archive dell’Università di Gerusalemme.
Il materiale è stato selezionato e rimontato in vista di un suo uso cultural/didattico presso il pubblico italiano, specie giovanile; in ciò la redazione di www.israele.net fa seguito ad altre iniziative precedenti, come, alcuni anni or sono, la messa a disposizione di materiali diversi sul tema per gli studenti candidati all’esame di maturità.
L’Autore dei testi è Marco Paganoni, docente di Storia ed Istituzioni dello Stato di Israele presso l’Università di Trieste; egli ne è pure il curatore, insieme con Viviana Frenkel; il montaggio e la grafica sono di Paolo Barbera.
La ricostruzione, per notizie e immagini -con didascalie essenziali-, della complessa vicenda, che si volge lungo tutta la prima metà del Novecento, ma che vanta radici assai più antiche, induce una serie di riflessioni sul valore dell’immagine stessa come documento storico e “sui diversi codici comunicativi utilizzati in epoche diverse”. Per lo più i filmati raccolti avevano, in origine, il fine precipuo di testimoniare alle comunità ebraiche della Diaspora i successi dell’impresa sionista. Tuttavia di rado essi hanno quel carattere retorico e propagandistico tipico di documenti del genere; tant’è che noi possiamo visionarli in modo proficuo ancora oggi, con l’occhio dello studioso e quindi in una prospettiva più distaccata.
Sfogliamo dunque questa sorta di vivente “Album di famiglia”.
L’opera si apre con un’Introduzione generale -che ne illustra criteri e caratteristiche- e si articola in quattro capitoli, ciascuno preceduto da un commento e una spiegazione dell’Autore.
-Il Primo capitolo, Nascita dello Stato di Israele si sofferma sulle tappe salienti della genesi dello Stato dal punto di vista storico/politico/ diplomatico e del diritto internazionale: Dichiarazione Balfour del 2 novembre 1917; Epoca dei Mandati in Medio Oriente e conseguente politica della potenza mandataria britannica nei confronti di Arabi ed Ebrei (pensiamo ai cosiddetti Libri bianchi, in specie quello del 1939); Istituzione della Commissione ONU istituita ad hoc (UNSCOP) con il filmato che riporta il significativo intervento, di fronte alla stessa, del rappresentante della Comunità ebraica in Terra di Israele -da rimeditare, a maggior ragione, oggi, nel clima diffuso di delegittimazione dello Stato-; la Risoluzione ONU n. 181 del 29 novembre 1947, che approva il piano di spartizione della Palestina proposto dalla Commissione; la Dichiarazione di Indipendenza del 14 maggio 1948. E’ immortalata la gioia per la proclamazione, ma pure la conseguente, devastante guerra mossa al nuovo Stato dagli eserciti di cinque Paesi arabi (Egitto, Transgiordania, Libano, Siria, Iraq), oltre alle milizie palestinesi del Gran Muftì, alla quale seguì un armistizio nell’anno successivo, ma mai la pace; ed è in questo contesto che si inserisce, come sappiamo, il dramma dei profughi palestinesi. L’obiettivo si sofferma sulle drammatiche scene della Guerra di Indipendenza e su Gerusalemme città divisa, come una sorta di Berlino mediorientale, per non provare nostalgia della quale è sufficiente un briciolo di buonsenso.
Nasce la democrazia israeliana, cui fa da contrappunto una brevissima sequenza della liberazione di Auschwitz: le prime elezioni municipali, con l’anziano Weizman e la partecipazione dei rappresentanti di tutte le fedi; e una seduta dell’Assemblea ONU, dove campeggia un giovane, ma inconfondibile Abba Eban.
Il secondo capitolo, Un passo indietro: Lo sviluppo dell’Yishuv (che precedette lo stato vero e proprio),rivive le profonde trasformazioni subite dal Paese negli oltre 50 anni precedenti il 1948. Da un lato, il cosiddetto “vecchio Yishuv”, il mondo tradizionale presente da sempre nella Terra dei Padri: gli Ebrei in meditazione al Kotel o in preghiera a Hevron, fermi alla base della scala di accesso ai loro Luoghi Santi perché, in base ad una disposizione risalente all’epoca dei Mamelucchi, era loro impedito l’ingresso ad essi (ciò a smentire la leggenda della pari dignità tra Ebrei e Musulmani durante il governo di questi ultimi e dell’armoniosa convivenza tra i fedeli di diverse religioni….).
Dall’altro lato, i nuovi arrivati dall’Europa, con forti motivazioni. “In Palestina non scorrevano fiumi di latte e miele, sulla costa non crescevano palme e canneti, il suo interno non aveva dune di sabbia dorata. La Palestina era una terra arida, paludosa, desolata; per riconoscerne la bellezza vi ci si doveva credere”; così Francesca Cernia Slovin nel bellissimo romanzo In principio….Dove affondano le radici di Israele (Marsilio, 2003), che racconta la storia della famiglia Sebalsky, originaria dell’Impero russo, a partire dagli anni della seconda aliah (1904 e seguenti).
Ripercorriamo le tappe dell’immigrazione ebraica attraverso le diverse ondate migratorie (alyoth); l’acquisto di nuove terre; la bonifica e la messa a coltura delle stesse; la creazione di strade e villaggi; la nascita dei kibbutzim; i progressi in campo agricolo e industriale; le grandi innovazioni tecniche (come, ad esempio, il pompaggio dell’acqua nelle zone desertiche), le radicali innovazioni socio-culturali.
Quando viene formalmente proclamata l’indipendenza, lo Stato, di fatto, c’è già da tempo. Mancava solo il carisma dell’ufficialità.
L’efficacia delle immagini è data dalla loro capacità di comunicarci il clima di quell’epoca di costruzione: difficile, anche per la precoce ostilità dei vicini, ma ricca di entusiasmo. Giorno dopo giorno si va costruendo in loco una società molto avanzata rispetto ai canoni europei, ebraici e non, specie per quanto riguarda l’emancipazione femminile: inimmaginabili, in un contesto diverso, ragazzi e ragazze che lavorano insieme alla pari, con i primi intenti a lavare i piatti e le seconde alla guida del trattore. Insomma “Quei pionieri…ragazzi robusti dal cuore caldo…ragazze spontanee, equilibrate, come se già sapessero tutto e capissero tutto…” come li vede il piccolo Amos Klausner (futuro Oz) in Una storia di amore e di tenebra (Feltrinelli, 2002).
Se pensiamo che, all’inizio del sec. XX, la popolazione complessiva ammontava a sole 500.000 persone e che durante il Mandato essa crebbe in maniera esponenziale, beninteso in tutte le sue componenti (non solo ebraica), se ne deduce che quella promossa dal sionismo è una vicenda di sviluppo, non certo una storia di esproprio e di rapina, come vorrebbe sostenere una vecchia, ma ben resistente, vulgata.
A proposito di immigrazione, non è trascurata la vita nei campi di transito (le ma’abarot); anzi, ad un certo punto, una voce fuori campo enumera i diversi Paesi dai quali provengono gli immigrati, inquadrando i volti delle persone: il tutto è un po’…scolastico, ma suggestivo.
Il terzo capitolo è dedicato a Tel Aviv, la città sorta sulla sabbia, la metropoli che non dorme mai, la Grande Arancia della quale festeggiamo quest’anno il Centenario della fondazione.
Tel Aviv è l’emblema, il simbolo della rinascita di tutta la Nazione. Sorta sul modello della città giardino di stampo britannico, è stata il centro dell’architettura Bauhaus (gli edifici in quello stile sono circa 3500, di cui 1000 davvero censiti e in corso di restauro) , la quale, negli anni ’30, si è diffusa dalla Germania in larga parte del mondo, ma ha trovato nel clima di grande fervore costruttivo della Terra di Israele il contesto ideale in cui esprimersi. Davvero originale a tale proposito è un breve sketch della Solel Boneh -l’importante impresa di costruzioni- che con una breve animazione grafica sa esprimere l’entusiasmo della città nata da poco, ma lanciata verso il futuro.
Tel Aviv è sempre stata un centro di punta, un polo di attrazione per la cultura, non solo tecnologica e scientifica, ma anche letteraria, musicale, teatrale, ecc. Ha chiamato a sé prima l’intelligentia europea, non solo ebraica, e, successivamente, la cultura americana; indi, in anni più recenti, ha riscoperto il tesoro di quella mediorientale. Nell’omaggio alla città assistiamo a scene risalenti ai primissimi anni dalla fondazione -con gli edifici in uno stile, antecedente il Bauhaus, chiamato ”eclettico”, che vorrebbe reinterpretare sogni orientaleggianti, come la casa del poeta Bialik- .
Infine, passaggio naturale, la quarta tappa, Momenti di cultura, ci rammenta come Israele non avrebbe mai potuto diventare la realtà matura ed evoluta che conosciamo senza un adeguato sviluppo culturale; a cominciare dalla (ri)nascita della lingua ebraica, caso unico nella storia, insegnata a bambini e adulti. Il DVD ci parla della gloriosa Università di Gerusalemme (Hebrew University; ebraica certamente, ma aperta ai contributi di tutti), nata ufficialmente nel 1925, il cui cammino è abbracciato, si può dire, a quello della città, compresa la sua divisione tra il 1948 e il 1967; poi ci sono altre istituzioni di prestigio, tutte costituite ben prima del 1948, come il Technion di Haifa, fucina di ingegni; l’Accademia d’Arte Bezalel, fondata nel 1906, ancora a Gerusalemme,  da quell’incredibile, geniale personaggio che fu Boris Schatz, il padre dell’arte israeliana.
O l’Orchestra Filarmonica, nata a Tel Aviv, che ebbe l’onore di accogliere il nostro Arturo Toscanini, allora esule negli USA, in occasione del primo concerto, il 25 dicembre 1936. Anche l’Orchestra ha accompagnato, attraverso i suoi illustri protagonisti, le vicissitudini della Città e del Paese.

La cultura è intesa come l’anima di un Popolo e di una Nazione, che si esprime nei momenti di alta spiritualità, ma sa altresì ritrovarsi in una vorticosa hora danzata da gruppi di giovani sull’aia del kibbutz, al suono di un paio di fisarmoniche.

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