(Titolo originale BIKUR HA-TIZMORET; Titolo internazionale THE BAND’S VISIT

Israele /Francia /USA, 2007)
“……Qui…..non c’è nessuna cultura, né araba, né israeliana…..”
La banda musicale della polizia di Alessandria d’Egitto viene invitata a suonare in Israele all’inaugurazione del centro culturale arabo nella città di Petah Tikva.
All’aeroporto Ben Gurion non c’è nessuno ad accogliere gli otto membri del gruppo, stretti nelle loro divise azzurre e occupati a districarsi tra valigie con le ruote e strumenti musicali.
Il direttore dell’orchestra è il Colonnello Tewfiq Zacharya: egli è compreso nel suo ruolo, fiero di mostrare a se stesso e agli altri, anzitutto agli israeliani, quanto valga la sua piccola compagine, che non deve assolutamente essere disciolta, come più volte ventilato dai superiori, con suo grave disappunto.
Pur deluso che nessuno li abbia accolti, come sarebbe doveroso con un ospite, per di più straniero, il Colonnello non si perde d’animo: raggiungeranno la loro meta in pullman. Purtroppo, però, per un fraintendimento di pronuncia dovuto al giovane Khaled, una sorta di dongiovanni della compagnia, impegnato in primo luogo ad incantare ogni ragazza che incontra canticchiandole le canzoni di Chet Baker, la banda anziché nella dinamica Petah Tikva, si trova catapultata in un anonimo villaggio in zona desertica, denominato Bet Hatikva, caratterizzato da brutti caseggiati.
Il luogo non appare affatto, ad un primo sguardo, come una….“Casa della speranza”; ma Tewfiq, pur impacciato e a disagio, si rivolge per aiuto a Dina, proprietaria dell’unico posto di ristoro che essi hanno visto una volta scesi dalla corriera. Dina, una bruna bellezza mediorientale, vagamente somigliante a Demi Moore, dopo un primo istante di diffidente imbarazzo, si dà da fare perché l’insolita compagnia abbia un po’ di conforto ed offre ai forestieri non solo cibo, ma anche un tetto per dormire, suddividendo l’onere dell’ospitalità tra sé, il suo socio in affari e la famiglia di lui. Infatti, a complicare la situazione, si viene subito a sapere che il prossimo autobus passerà solo la mattina successiva.
Dina è una donna sola, con una visione disincantata e pessimistica della vita; il luogo in cui vive riflette il suo stato d’animo: “Questa” afferma “è …la morte civile” e prosegue, conosciuto il motivo del viaggio della banda “Qui….non c’è nessuna cultura, né araba, né israeliana”.. Tuttavia ella è desiderosa di comunicare col prossimo, a maggior ragione se venuto da un mondo diverso; per questo è incuriosita da quell’uomo non giovane, per la verità non attraente, del quale desidera tuttavia conoscere i pensieri e i sentimenti. A tale scopo, dopo aver indossato un elegante abito rosso a fiori ed essersi sciolta i capelli, lo porta con sé in un locale al centro del paese; gli confessa di non essersi perduta, negli anni dell’adolescenza, nessun film egiziano; quelli interpretati, per intenderci, da Faten Hamama e da Omar Sharif. Chissà, magari vede nel Colonnello una sorta di Omar Sharif di una notte, per lei….. Gli domanda che cosa si provi a comandare un’orchestra ed è quanto mai suggestiva la scena in cui Tewfiq mima i gesti di un direttore, subito imitato da Dina, divertita e compiaciuta.
Anche Tewfiq è solo e, in principio, chiuso in un nodo di silenzio; tuttavia Dina riesce pian piano a scioglierlo, il nodo, anche a costo di battute indelicate: egli le confesserà un dramma familiare che forse non ha mai confidato per intero a nessuno.
Eran Kolirin, regista israeliano esordiente, ha scritto e diretto un film breve (un’ora e mezza), ma ricco di humour e di delicatezza.
La pellicola è stata presentata al Festival di Cannes nel 2007 nella sezione Un certain regard riscuotendo un notevole successo ed ha ottenuto numerosi premi internazionali.
A causa di una regolamentazione a mio avviso formalistica, il film, poiché è parlato in inglese per oltre la metà della sua durata, non ha potuto partecipare all’ultima nomination all’Oscar per migliore film straniero; l’onore di rappresentare Israele è toccato a Beaufort (tratto dal romanzo Tredici soldati di Ron Leshem), che tuttavia non ha trovato, come sappiamo, un distributore in Italia; forse perché rappresenta i soldati israeliani come esseri umani, con eroismi e miserie, e non come macchine da guerra spietate, in conformità alla vulgata imperante.
In La Banda grande suggestione è data dal fatto che gli egiziani parlano tra loro in arabo, e gli israeliani in ebraico, due lingue splendide, con intonazioni spesso simili (l’idioma scelto dai due gruppi per comunicare è, come detto, l’inglese, ovviamente divenuto da noi l’italiano): i sottotitoli comportano un certo impegno per lo spettatore, ma rendono l’opera più autentica .
L’avventura nel Paese confinante ed ex (?) nemico della banda musicale dei poliziotti egiziani è un inno all’amore, senza tuttavia mai indulgere alla retorica e alla banalità; ci mostra l’universalità dei sentimenti umani, che possono unire persone assai differenti quanto a cultura e stili di vita.
A volte, per far cadere un atteggiamento circospetto possono bastare la visione di un bimbo addormentato o il cantare insieme, sia pure con voce un po’ stonata, l’arcinota Summertime….
Atteggiamento disinteressato, in nome dell’amore. Come nel caso del bel Khaled, il quale, sempre nella speranza di un piacevole incontro, recatosi con due giovani israeliani e un paio di ragazze in una pista da ballo per pattinatori a rotelle, si trova a svolgere, giocoforza, il ruolo di un insolito Cyrano de Bergérac; poiché spetta proprio a lui insegnare all’imbranato israeliano Papi come comportarsi per conquistare la sua “Roxanne”. La scena vede i tre protagonisti seduti uno accanto all’altro, con l’egiziano che spiega al nuovo amico, con l’esempio concreto, quali gesti occorra compiere nel corteggiamento e l’israeliano il quale, dopo un istante di completa confusione, finalmente, comprende ed esegue fedelmente. Quando Papi prende la fanciulla tra le braccia e la bacia con passione, Khaled si allontana silenzioso.
Se prova una certa tristezza data dalla propria solitudine, è tuttavia soddisfatto, nel fondo del cuore, per l’esito felice della sua..lezione.
Affetti, sentimenti, ma con l’amaro in bocca al pensiero di ciò che avrebbe potuto essere e non è stato. Il mattino successivo è un altro giorno, un’altra storia: la corriera per Petah Tikva non può aspettare.

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