(Titolo originale Hachibuk, 2010)
Con disegni di MICHAL ROVNER
Trad. Alessandra Shomroni, Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., 2010, pp. 36, €. 10
“Allora di ogni persona ce n’è solo una al mondo?” 
David Grossman. Non so se riesca ad incantarmi di più con i romanzi impegnativi, quali -un titolo per tutti- A un cerbiatto somiglia il mio amore, oppure quando racconta novelle per bambini o ragazzi. Di queste ultime ne ha scritte tante: dalle diverse vicende che hanno come protagonista Itamar e le sue avventure, i suoi sogni o il cappello magico; a quelle centrate sui figli, Uri z’l o Ruti -a lei, ad esempio, è dedicato il recente Ruti vuole dormire e altre storie, che ha reso felici i figli di mio nipote Pietro-.
Agli affezionati lettori David ha donato una bellissima strenna natalizia dal titolo significativo: L’abbraccio.
Una storia tanto semplice quanto preziosa perché colma di quell’affetto, capace di suscitare quell’empatia che mi rendono particolarmente vicino il grande scrittore israeliano.
Consentitemi una divagazione. Molti Autori si cimentano col tema del rapporto tra i bambini e gli eventi fondamentali dell’esistenza.
Alcune sere fa ho visto in TV -non ero riuscita ad “acchiapparlo” quando è uscito nelle sale cinematografiche- un film stupendo dal titolo L’uomo che verrà.
Il regista, Giorgio Diritti, riesce a rappresentare con profonda capacità espressiva, attraverso l’intensità dei personaggi e, in primo luogo, della piccola protagonista, Martina, la guerra e, nel caso specifico, la più efferata strage di civili compiuta in Italia dai nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale (a Marzabotto, in provincia di Bologna, nell’autunno 1944), vissuta attraverso gli occhi e il cuore di una bambina di otto anni.
Martina sembrerebbe, ad uno sguardo superficiale, quasi indifferente a quanto accade intorno a lei; ma in realtà lo vive fino in fondo e conserva tutto dentro di sé, meditandolo “nel suo cuore”. “Perché mai i tedeschi” si domanda “sono venuti fin qua, anziché restare con i loro bambini?”
Nel film la piccola aveva smesso di parlare perché traumatizzata dalla morte, tempo addietro, di un fratellino e ritrova, dopo la tragedia, la parola perché un nuovo fratellino, nato alla vigilia dell’eccidio, che lei (rimasta sola) dovrà accudire, può dare -forse, lo speriamo- nuovo significato alla sua esistenza.
Nel breve quadro, certo assai più sereno, presentato da Grossman, Ben, il piccolo protagonista, è alla mano della sua mamma, chiacchiera con lei e si cimenta invece con qualcosa che noi vediamo come positivo: l’unicità di ciascuno, aspetto che egli, tuttavia, vive come causa di solitudine.
Il valore del racconto sta nel rappresentare il carattere dialettico di un elemento, in sé positivo, ma colto all’inizio come negativo.
Sarà però la rivelazione della unicità di ciascuno a mostrare al bambino la diversità degli esseri viventi. Durante la passeggiata verso sera dei due, immersi in una natura descritta in modo finissimo, con l’odore di terra e di erba, mentre gl’insetti ronzano lievi, le formiche che Ben, ad un primo istante, aveva percepito come identiche, pian piano acquistano per lui una propria caratteristica: una è più veloce, un’altra è più lenta nel camminare, una “si sforzava di trascinare una foglia grande e un’altra trasportava soltanto un chicco di grano……” E c’è quella, più piccola delle altre, che va avanti e indietro nervosamente: forse, ipotizza il bambino, avrà perduto i genitori e li starà cercando.
Resta quell’enigmatico sentirsi a metà: siamo tutti un po’ soli e…un po’ insieme.
Un mistero che il bambino sembra proprio non accettare: troppo forti sono la paura dell’isolamento e dell’abbandono; anche perché tale prospettiva non riguarda solo lui e la madre, ma anche il papà e, in generale, coloro che sono vicini, compresa la cagnetta di casa, Splendida.
Tutti sono…unici: e allora?
Il mistero è sciolto dalla mamma con un gesto tanto semplice quanto primigenio, la ragion d’essere di qualsiasi vero rapporto tra le persone, che ella sa spiegargli in modo tutto suo: l’abbraccio, in grado di ricomporre due, separati, in uno.
Il libro è arricchito dai disegni essenziali, quasi minimalisti, di Michal Rovner, perfetti nel narrare con la matita la gioia dell’amore luminoso.
Un’operetta per bambini, che commuove e fa riflettere gli adulti.