L’ANTEFATTO (PER AMORE DI RACCONTO E PER CAPIRCI)
C’era una volta…….un Re! No, un Notaio.
Un Notaio bolognese con un’articolata e serena famiglia:
moglie di ascendenze romagnole quasi nobiliari, cognata nubile -all’epoca era frequente che, quando si sposava, una ragazza portasse con sé, nella nuova compagine, quale dote aggiuntiva, la sorella non destinata (almeno nell’immediato) al matrimonio- e cinque figli.
I cinque ragazzi erano ben distribuiti per sesso.
Apriva la serie un maschio, Raffaele detto Lele, molto versato negli studi, cui tutti guardavano come all’erede delle fortune paterne; tre femmine (Alessandra detta Sandra, Lorenza e Riccarda, detta Richy, in omaggio ad uno zio, morto novantenne, amato da tutti), che avevano frequentato il liceo ed erano assai unite tra loro; chiudeva il cerchio Agricola, il secondo maschio, scambiato da chi non lo conosceva per una quarta femmina, tanto il nome era, ed è, raro.
E sì che siamo a Bologna e i Protomartiri, cari a Sant’Ambrogio, dovrebbero far parte del patrimonio locale comune. Ma, bizzarrìe della Storia, Vitale, il legionario, prese la via imperiale di Ravenna e da lì il suo culto si diffuse in tutta Europa, a cominciare dalla Francia; mentre Agricola, il patrizio, non si mosse dalla sua città.
Forse per ovviare a quella che gli parve un’assurda ingiustizia il Notaio Dr. Francesco Valentini chiamò l’ultimo nato con quel nome insolito, del quale, peraltro, il diretto interessato andò sempre fiero.
Tutta la famiglia trascorreva le estati a qualche chilometro dalla città, in una una bella villa di proprietà circondata dal verde, un luogo che, in quegli anni, era aperta campagna.
Un giorno del luglio 1923 faceva un caldo tremendo e il giovane Raffaele, reduce da una gita in bicicletta con alcuni amici, era assetato. Forse di sua iniziativa, forse per scommessa con i presenti, bevve tutto d’un fiato un bicchierone d’acqua di pozzo, gelida. Risata fragorosa della compagnia. Ultime battute e accordi per rivedersi l’indomani, magari per far visita a quella bella ragazza di Imola…sì la biondina dagli occhi verdi, col cane da caccia. Gioca bene a tennis e sta, per così dire, anche "bene di mezzi”.
Lele rientra in casa e, all’improvviso, lo assale un indefinibile malessere. Non sente la zia, la cara zia Angela, che lo sta chiamando: Vatti a cambiare, ormai è pronta la cena. Non si avvede che la sedicenne Richy, reduce dall’ennesima arrampicata sugli alberi (quel maschiaccio!), lo urta di brutto, tutta sudata, nell’imboccare la scala che porta al piano superiore.
"Lele, Lele, che c’è?????" Alessandra, la sorella che ha solo due anni meno di lui, stessi colorito olivastro, ovale del viso e profilo greco, stessa passione per le buone letture, lo soccorre prima che cada a terra.
Il medico, amico di famiglia, chiamato d’urgenza, può fare ben poco in un’epoca che ancora non conosceva antibiotici né penicillina.
Nel disperato stupore della famiglia, Raffaele detto Lele, laureato in giurisprudenza col massimo dei voti pochi mesi prima, futuro giovane Notaio Valentini, muore per colpa di un bicchiere d’acqua gelida alla fine di un torrido giorno di luglio.
Cambiò, da quel giorno, la vita della felice famiglia.
L’ombra nera della morte li aveva avvolti. Il Notaio -rappresentante di un cattolicesimo democratico, propiziatore del movimento cooperativo- che, anni prima, aveva aderito con entusiasmo al Partito popolare ed era stato fra i fondatori del Credito Romagnolo; l’unico della cerchia familiare che opterà per la Repubblica in occasione del referendum del 1946, sentì che il mondo gli era crollato addosso. Cercherà di riversare le sue speranze sull’altro maschio, ma Agricola, ragazzo estroverso, sempre pronto alla battuta e a corteggiare questa e quella fanciulla della buona borghesia locale, che pure si laureerà in Giurisprudenza, subirà l’onta della bocciatura all’Esame di Stato per Notaio.
E’ risaputo che tanti notai, anche di chiara fama, si sono dovuti cimentare con quella prova a più riprese, ma, alla fine, l’ostacolo è stato superato.
Il padre scoraggiò Agricola dal riprovarci. Egli trascorse la vita, peraltro serena, come funzionario, rispettato ma oscuro, nella Banca che il padre aveva contribuito a fondare.
Con la scomparsa di Raffaele non solo la morte era entrata in casa, ma anche, sia pure con un decennio di ritardo, quel clima spengleriano da "caduta delle aquile" che caratterizza il periodo post Ia Guerra Mondiale.
La Signora Valentini …..beh, ogni parola su una madre che ha perduto un figlio in giovane età risulta vuota o almeno inadeguata. Se ti muore un figlio, muori anche Tu con lui. Decenni dopo Alessandra ricordava questa frase di sua madre.
Fu così, nell’illusione di voltar pagina, che il Notaio rimasto vedovo, nel 1927 acquistò, non ricordo da chi, un palazzetto d’impianto settecentesco a due piani, in pieno centro di Bologna, nell’aristocratica Via Castiglione, proprio poco dopo la c.d. curva, quando il portico forma una leggera ansa.
Le estati erano dedicate alla villa, più forse per un dovere di memoria che altro, mentre la maggior parte dell’anno la famiglia risiedeva in Via Castiglione.
……………………………………………………………………………….
……………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………
LA (QUASI) ATTUALITA’
Alessandra e Riccarda ereditarono, alla morte del padre nel 1952, la casa di Via Castiglione; così Sandra e Richy se la divisero in armonia: Richy abitava a Cesena con la sua famiglia e aveva dato in locazione la sua parte di casa.
Un personaggio interessante, “la” Richy. Aveva sposato un medico specialista in Cardiologia, Alberto. Un matrimonio d’amore, si diceva all’epoca; forse per distinguerlo, nella sua eccezionalità, da quell’altro, assai più frequente nella borghesia: il matrimonio d’interesse; unioni in cui l’apparenza di rispettabilità era il valore supremo, mentre l’amore, la passione restavano fuori della porta; e anzitutto della camera da letto. L’amore è una cosa da cameriere, sentenziò una volta quel bello spirito di Gianni Agnelli.
Richy e Alberto, invece, no: si amarono tutta la vita, ebbero tre figli e, nell’età giusta, diversi nipoti. Li ricordo ancora a spasso in bicicletta per i viali alberati di Cesena. Due fidanzatini.
Lei era considerata dalle sorelle e dal fratello la mente affaristico/imprenditoriale della famiglia Valentini. Tipo pratico, spiccio, anche nelle valutazioni politiche; ad esempio, quando Stalin passò a miglior vita, prima che tutti si domandassero chi ne avrebbe raccolto l’eredità, presagendo tuttavia, sia pure inconsciamente, chissà quale cataclisma sull’Unione Sovietica, Richy, senza scomporsi, se ne uscì con un Ne avran già pronto un altro! Dimenticava per la verità che Stalin fu un pezzo unico nella Storia, difficilmente rimpiazzabile da qualcuno di simile.
Torniamo al palazzetto di Via Castiglione.
Nella parte data da Richy in locazione si alternarono, a seconda delle epoche e delle mode, monarchici sfegatati ed estremisti di sinistra, con l’addolcimento di un raffinato antiquario, incallito fumatore, che viveva, con la sorella nubile e bisbetica, in uno degli appartamenti più scenografici della casa, con soffitti affrescati a fiori e nudi liberty.
Sandra, invece, con marito e figli, abitava al primo piano di Via Castiglione, in un appartamento che era suo, come quelli del piano terra e del secondo. In quest’ultimo si trasferì, col matrimonio avvenuto nel giugno 1968, la figlia maggiore Lucia; ella, poi, nel 1980, a seguito del trasferimento a Piacenza del marito Primario di Ortopedia, cedette, assai a malincuore, il passo al fratello minore Michele, il quale rientrò, diciamo, ai "patri lidi" dopo un periodo di sette anni trascorso in una zona un po’ anonima di Bologna, dalle parti della Stazione Ferroviaria. Con lui erano la moglie Maddalena e il figlio di tre anni, Filippo (Eugenio sarebbe stato concepito in Via Castiglione, durante le vacanze natalizie del 1984).
 
 
 
LA…..CONTESA
Michele si era ben sistemato nell’appartamento all’ultimo piano di Via Castiglione. Tra l’altro al pianterreno aveva posto il suo studio legale; egli poteva così far visita ai genitori quando si recava in studio o rientrava in famiglia alla sera.
Fu così che, proprio all’inizio del suo trasferimento, una sera madre e figlio si fermarono a chiacchierare sul pianerottolo del primo piano.
Lo spazio di detto pianerottolo era occupato in gran parte da una vecchia cassapanca, di fattura pregevole, ma di colore indefinito, che lasciava tuttavia trasparire, a chi volesse apprezzarla, un’antica, sia pur dimenticata, bellezza.
Michele l’aveva sempre vista, la cassapanca, faceva parte del panorama di casa; Alessandra, dopo aver fatto la spesa, vi si sedeva volentieri, un attimo prima di rientrare in casa, specie dopo che il peso degli anni cominciò a farsi sentire.
Nessuno tuttavia vi attribuiva un valore artistico. Nessuno; né Sandra, né Richy.
Nessuno in tanto tempo si era curato di essa. La si potrebbe quasi definire una "Terra morta"; sai quelle terre che sono in parte paludi malariche, in parte pietraie, in parte deserto. Non le vuol nessuno, nessuno ci scommette, finché……Finché.
Giova ricordare che un paio di anni prima del….rientro di Michele, nel 1978, i figli maschi di Riccarda, Giuseppe e Luca, due gagliardi imprenditori che operavano nel Veneto, ai quali ben poco interessavano sia la cultura sia le memorie di famiglia, vendettero in fretta e furia (per poter realizzare un congruo guadagno) la parte di immobile di proprietà della madre, d’intesa -sia pur distratta- con quest’ultima, che, da qualche tempo aveva affidato loro, ahinoi, la gestione degli affari di casa . Il nuovo condomino era anch’egli un notaio, ma non aveva certo il pathos del Dr. Valentini! Il notaio nuovo della cassapanca nemmeno conosceva l’esistenza, essendo troppo occupato ad accumulare immobili, dei quali poi non si curava affatto.
L’importante per lui era che il malcontento degl’inquilini non oltrepassasse una certa soglia. E poi, a occcupare i suoi pensieri, c’era una vita sentimentale, diciamo così, movimentata: una famiglia "ufficiale" in sede e un’altra dove lo chiamavano gli impegni professionali.  Così andava il mondo, specie qualche tempo addietro. In parte, sia pur minoritaria, va ancora oggi: la poligamia, amata e praticata, non è certo prerogativa dei Paesi islamici, questo è sicuro! Nemmeno il sedicente progredito occidente "cristiano" ha rinnegato costumi  ancestrali e ben radicati. Specie nella ricca borghesia.
Quella sera Michele e Alessandra chiacchieravano di casa nuova, di mobili, di sistemazioni, di quadri…..All’improvviso, gli occhi di entrambi si posarono sulla Cassapanca. Avete un bell’ingresso grande, fece lei, e questa non è niente brutta; aggiunse con quel modo di esprimersi tutto suo, che chiamavo "valentinese" e che suscitava le ire toscane di mio suocero.
Michele sgranò gli occhi nocciola, che tanto avevano affascinato la scrivente Maddalena fin dal loro primo incontro. Sì, insistette Alessandra, potreste farla restaurare e metterla da voi; se ti fa comodo un aiuto……Non ce lo facemmo dire due volte!
L’onere del restauro ce lo accollammo, va da sé. Ma fummo molto grati a Sandra per la sua ottima idea. La cassapanca fu affidata ad un abile restauratore che, sia pure a caro prezzo, riuscì a far emergere gli antichi colori, diverse sfumature di verde, e l’originale disegno al centro, raffigurante un alberello, forse una sorta di stemma di famiglia.
La cassapanca era nata a nuova vita, grazie alla buona idea di Alessandra e ai nostri sforzi. Troneggiava nel nostro ingresso la….Gerusalemme d’oro; pardon la Cassapanca.
Circa sei mesi dopo Richy venne a Bologna, con la figlia Annarosa (una simpatica signora bionda dall’accento milanese), in visita a sua sorella.
Sandra, secondo le sue inveterate abitudini, ad un certo punto, condusse le due ospiti in casa nostra per mostrare loro come ci fossimo ben collocati.
Ovvio che la Cassapanca fu vista, ma, lì per lì, la cosa parve passar inosservata. Anche se io, confesso, una, sia pur quasi impercettibile, contrazione stizzita sul viso di Richy l’avevo notata.
Passarono altri mesi. Un giorno mia suocera confessò a Michele di aver ricevuto la mattina stessa dalla sorella una lunga lettera nella quale, oltre a tutta una serie di recriminazioni per episodi risalenti ad un settantennio prima, o giù di lì, era espressa la più profonda amarezza per il "furto" della…terra, cioè della Cassapanca.
Cassapanca che, contrariamente alla terra, non era stata né acquistata in moneta sonante, né conquistata a seguito di una guerra di difesa, certo; ma che era stata da tutti disprezzata e, in seguito, nel 1978, venduta al notaio nuovo, che non l’aveva reclamata mai (trovandosi tra l’altro proprio di fronte all’appartamento di Alessandra, sotto un quadro di sua proprietà).
Questo, più o meno, rispose Sandra a Richy, su consiglio di Michele. E l’incidente tra le due sorelle Valentini si chiuse. Tra loro non ne parlarono più. Né il notaio “estraneo” rivendicò alcunché.
Ma tutte le volte che passo davanti alla cassapanca dell’ingresso, puoi immaginare quali riflessioni mi sorgano spontanee su ciò che diventa appetibile per qualcuno soltanto dopo che altri vi abbiano trasfuso impegno e sacrificio.
Maddalena, in una sera d’estate.
Etichetta: